I l vertice europeo del 6 marzo 2025 passerà alla storia. Ma non come un grande successo: come un fiasco epocale. A sessantotto anni dai trattati di Roma, che furono il primo passo per la riconciliazione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale, e a trentacinque dalla riunificazione della Germania, l’Unione europea ha ripreso la corsa agli armamenti, tradendo così la sua missione storica. Invece di garantire pace e solidarietà “dall’Atlantico agli Urali” (come si auguravano il leader tedesco Konrad Adenauer e quello francese Charles de Gaulle), ha scelto una nuova parola d’ordine: riarmo.

Già solo il nome – ReArmEurope – del piano proposto da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea ed ex ministra della difesa tedesca, è uno schiaffo a tutti gli europei che non hanno dimenticato la storia. L’Unione europea non è mai stata armata, non ha nemmeno un suo esercito. I trattati europei proibiscono a Bruxelles di spendere soldi per le armi. Ma Von der Leyen li vuole scavalcare.

Da otto anni sapevamo che il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump sarebbe stato un problema. La situazione è seria, certo. La Russia fa la guerra in Ucraina e gli Stati Uniti vengono meno agli obblighi del patto atlantico. Ma non lo scopriamo oggi. Già dal suo primo mandato sapevamo che Trump non avrebbe significato nulla di buono per l’Unione europea e la Nato. E che la pace in Europa è sotto attacco si era capito con l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Solo oggi, però, i leader europei hanno fatto due più due, cercando di reagire. Mai provvedimenti che hanno preso arrivano troppo tardi. E sono insufficienti.

Too little, too late – troppo poco, troppo tardi, lo slogan usato durante la crisi dell’euro – vale anche ora. L’Unione ha reagito agli sconvolgimenti dell’ordine mondiale troppo tardi. E sta facendo troppo poco per tornare ad avere voce in capitolo.

Il piano di riarmo è imponente solo sulla carta. Von der Leyen ha annunciato 800 miliardi di euro, ma da Bruxelles ne arrivano solo 150, a costo di nuovo debito. La maggior parte viene da operazioni contabili. Di nuovi fondi ce n’è a malapena. E arrivano troppo tardi per aiutare l’Ucraina a uscire dal pasticcio causato dal blocco degli aiuti statunitensi.

La guerra non può più essere vinta, nemmeno accelerando la corsa europea al riarmo. Al massimo può essere prolungata, cosa che non gioverebbe a nessuno. E così arriviamo al secondo problema: la totale assenza di una strategia politica per il futuro. A tre anni dall’inizio del conflitto, Bruxelles ancora non ritiene necessario formulare un proprio piano di pace per l’Ucraina né discutere di una nuova strategia per la sicurezza europea.

Nel 1979, quando la Nato mise a punto la strategia della “doppia decisione”, accanto al dispiegamento di missili c’era anche una proposta di disarmo. Oggi gli europei non vogliono nemmeno parlare con la Russia, e invece di attivare la diplomazia, lasciano campo libero a Trump, che continuerà a fare i suoi affari a spese dell’Ucraina e dell’Europa. Il fatto che ora l’Unione corra ad armarsi di certo non lo impressiona: in fondo è quello che Trump chiede da sempre.

La conclusione è amara. Lo “storico” vertice non ha risolto nessun problema e ne ha creati due nuovi: un’enorme montagna di debiti, e una guerra fredda con la Russia, che probabilmente continuerà anche se si arrivasse a una pace rapida e giusta in Ucraina. Perché la corsa al riarmo è appena cominciata. E dove ci porterà è difficile prevederlo. ◆ nv

Eric Bonse è un giornalista freelance, corrispondente da Bruxelles per diverse testate tedesche. Dirige Lost in Europe, sito internazionale di giornalismo investigativo.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati