Il fiume Columbia fornisce energia idroelettrica all’ovest degli Stati Uniti fin dagli anni trenta del novecento, ma ora, a causa della rivoluzione dell’intelligenza artificiale (ia), c’è bisogno di più elettricità. Molta di più. Sulle rive del fiume, nello stato di Wash­ington, la Microsoft sta puntando sulla capacità di generare energia dalla fusione nucleare.

L’azienda fondata da Bill Gates e altri giganti della tecnologia sostengono che riusciranno a ottenere la fusione entro il 2028, un piano ambizioso che rafforza il loro impegno per la transizione all’energia pulita, ma distoglie l’attenzione dai problemi attuali. Il vorace consumo di elettricità dovuto all’intelligenza artificiale sta provocando infatti un’espansione dell’uso di combustibili fossili.

Sam Altman sta spendendo centinaia di milioni di dollari per progettare piccole centrali atomiche all’interno o vicino ai data center

Davanti a questo dilemma, le aziende della Silicon valley puntano tutto su altri progetti sperimentali che hanno poche possibilità di successo in tempi brevi, come piccoli reattori nucleari installati nei singoli data center (i centri per l’archiviazione dei dati) o macchine che generano energia geotermica perforando la crosta terrestre fino a tremila metri di profon­dità.

Queste aziende “hanno promesso che l’energia pulita sarebbe stata una risorsa magica e infinita”, sottolinea Tamara Kneese, dirigente dell’organizzazione senza scopo di lucro Data & society, che si occupa di analizzare gli effetti dell’intelligenza artificiale. Kneese le accusa di usare “calcoli matematici fantasiosi” quando prendono impegni sul clima. “A causa dell’intelligenza artificiale si sta tornando a puntare sulle centrali a carbone”, spiega. “È un fatto che dovrebbe allarmare chiunque abbia a cuore l’ambiente”. Mentre l’ia spinge l’industria tecnologica verso un’accesa competizione globale, la costruzione di data center in tutto il paese sembra inarrestabile. Alcune strutture hanno bisogno di una quantità di energia paragonabile a quella di una piccola città, tanto che oggi il settore è tra quelli che consumano la maggiore quantità di corrente elettrica. Secondo alcuni esperti, i consumi saranno così alti che sarà impossibile sostenerli anche usando tutte le fonti disponibili.

Ricerca frenetica

I data center, anonimi magazzini pieni di server che permettono a internet di funzionare, esistono da decenni, ma la quantità di elettricità di cui hanno bisogno è cresciuta a dismisura a causa degli ultimi progressi tecnologici. Per istruire i modelli di ia e fare in modo che possano eseguire compiti anche molto semplici servono sistemi di calcolo estremamente complessi che pesano tantissimo sulla rete elettrica. Per l’Agenzia internazionale per l’energia, una ricerca su ChatGpt consuma dieci volte di più di una ricerca su Google. In base alle informazioni fornite dalla Meta (l’azienda che controlla Facebook e Instagram), il grande centro dati dell’azienda in Iowa consuma l’equivalente annuale di sette milioni di computer attivi per otto ore al giorno.

Questo uso crescente dei combustibili fossili contrasta con gli impegni a favore della sostenibilità presi da aziende come Microsoft, Google, Amazon e Meta, che hanno promesso di cancellare le loro emissioni già dal 2030. I giganti tecnologici sono i protagonisti di un settore composto da più di 2.700 data center negli Stati Uniti, molti gestiti da piccole aziende che vendono la capacità di calcolo alle grandi aziende.

Per i sostenitori dell’ia i suoi progressi potrebbero portare più benefici per l’ambiente di una semplice riduzione dei consumi. Sottolineano che questi software sono già usati per rendere più efficiente la rete elettrica, accelerare l’innovazione sul nucleare e monitorare le emissioni di anidride carbonica. “Lavorando insieme potremo sbloccare le capacità infinite dell’ia e contribuire a realizzare opere a emissioni zero, resistenti ai cambiamenti climatici, di cui abbiamo urgente bisogno”, si legge in un comunicato della Microsoft.

I giganti tecnologici sostengono di acquistare abbastanza energia solare, eolica e geotermica da cancellare l’impatto delle loro emissioni. Ma chi li critica fa notare che usano la stessa rete elettrica del resto del paese, sovraccaricandola, e si accaparrano gran parte dell’energia disponibile da fonti rinnovabili. Questo spiega perché i fornitori di elettricità sono costretti a ricorrere ai combustibili fossili per stabilizzare la rete.

Nella regione di Salt Lake City queste compagnie e i legislatori hanno ridimensionato i piani per i grandi investimenti nell’energia pulita, tornando a puntare sul carbone. La chiusura di un grande impianto a carbone è stata rinviata al 2042, e quella di un secondo impianto è stata posticipata al 2036.

La Meta, tra i maggiori utenti di energia, sta costruendo un data center da 1,5 miliardi di dollari alla periferia di Salt Lake City che consumerà una quantità di elettricità equivalente a quella prodotta da un grande reattore nucleare. Google ha comprato 120 ettari di terreno poco lontano e ha intenzione di costruire un complesso simile. Altri gestori di data center stanno freneticamente cercando fonti di energia nella zona.

La regione di Salt Lake City avrebbe dovuto essere un polo per lo svilupp0 di tecnologie innovative. La compagnia energetica PacifiCorp si era impegnata a sostituire le sue centrali a carbone con piccoli reattori nucleari di nuova generazione costruiti da un’impresa presieduta da Bill Gates. Ma il piano è stato accantonato nell’aprile 2024, quando la PacifiCorp ha annunciato che avrebbe continuato a bruciare carbone, citando alcuni sviluppi normativi che avrebbero reso di nuovo sostenibili queste attività.

In attesa della svolta

Ad aprile in Georgia un forte aumento del fabbisogno energetico delle aziende tecnologiche ha spinto le autorità ad autorizzare un uso maggiore di combustibili fossili, oltre all’acquisto di energia dal Mississippi, che ritarderà la chiusura di una vecchia centrale a carbone dello stato. A marzo la Microsoft ha annunciato la costruzione alla periferia di Milwaukee di un data center da 3,3 miliardi di dollari. Subito dopo si è saputo che la chiusura delle centrali a carbone nella zona sarebbe stata ritardata di un anno, e che ci sarebbe stata una grande espansione dell’uso del gas naturale per stabilizzare la rete elettrica. A Omaha, dove Google e la Meta hanno recentemente realizzato nuovi data center, una centrale a carbone che avrebbe dovuto essere dismessa nel 2022 resterà operativa almeno fino al 2026. Il fornitore locale ha cancellato il piano per installare grandi batterie con cui immagazzinare l’energia fotovoltaica.

Questi sviluppi contrastano con le promesse futuristiche delle aziende tecnologiche. Una recente analisi della banca d’affari Goldman Sachs ha rivelato che entro il 2030 i data center rappresenteranno l’8 per cento del consumo energetico totale negli Stati Uniti, il triplo di oggi. L’incremento della produzione di energia solare soddisferà circa il 40 per cento della nuova domanda, mentre il resto dovrebbe provenire da un grande aumento dell’uso di gas naturale. Le nuove emissioni sarebbero paragonabili a quelle di 15,7 milioni di veicoli a benzina.

Le aziende tecnologiche riconoscono che è indispensabile trovare nuove fonti di energia pulita in grande quantità. La questione è stata affrontata da Sam Altman, amministratore delegato di OpenAi, in un evento organizzato da Bloomberg durante il World economic forum a Davos, in Svizzera. “Non possiamo riuscirci senza una svolta scientifica”, ha detto. Resta da capire dove e quando ci sarà questa svolta. Di recente Google ha inaugurato un’avveniristica centrale a energia geotermica nel deserto del Nevada. La società che ha sviluppato l’impianto, la Fervo Energy, attribuisce a Google il merito di aver dato slancio a una soluzione promettente che in futuro potrebbe assicurare una quantità di energia pari a quella di diverse centrali atomiche. Tuttavia, l’amministratore della Fervo, Tim Lattimer, riconosce che questo livello di produzione non sarà raggiungibile prima della metà del prossimo decennio.

Manovra promozionale

Altman sta spendendo centinaia di milioni di dollari per progettare piccole centrali atomiche all’interno o vicino ai data center, mentre Gates ha fondato la TerraPower, che in Wyoming userà un’ex centrale a carbone per sperimentare un reattore avanzato. Nei piani dovrebbe produrre energia in modo più efficiente e con meno scorie di quelli tradizionali. Ma ci sono stati diversi contrattempi.

Di recente si è venuto a sapere che il tipo di uranio arricchito necessario per alimentare l’impianto non è disponibile negli Stati Uniti. È molto indietro anche il progetto che la Microsoft sta portando avanti nella contea di Chelan, nello stato di Washington, in collaborazione con la start-up Helion, specializzata in fusione nucleare.

“Dire che ci sarà una disponibilità commerciale di energia prodotta dalla fusione entro il 2030 o il 2035 è solo una manovra promozionale”, sottolinea John Holdren, fisico di Harvard che ha ricoperto il ruolo di consulente scientifico della Casa Bianca durante l’amministrazione Obama. “Non siamo nemmeno al punto in cui l’energia prodotta dalla fusione è superiore a quella necessaria per generarla”.

La promessa secondo cui la fusione nucleare sarebbe dietro l’angolo, aggiunge Holdren, “alimenta solo la fede dell’opinione pubblica nei miracoli tecnologici che ci salveranno dal compito di affrontare la crisi climatica con soluzioni più realistiche e dolorose”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati