Bo Pisey ha un rituale notturno. Dopo aver finito i compiti e le preghiere, questo monaco cambogiano di ventidue anni sparisce nella sua stanza con il telefono, chiude a chiave la porta e si siede sul letto. Trascorre ore a creare video su TikTok per i suoi 132mila follower, che possono guardarli prima di dormire.
Mentre gli altri 29 monaci nel suo monastero studiano o cantano, Pisey registra voci fuori campo e guarda tutorial per imparare a tagliare e montare video. Continuano a prenderlo in giro per il suo hobby, anche se il suo pubblico è aumentato moltissimo grazie a due video di poesie postati nel periodo più buio dei lockdown causati dal covid-19.
“Mi dicono: ‘Ma a che ti serve? Perché trascorri tante ore su questa cosa?’”, racconta Pisey, che vive a Battambang, nel nordovest della Cambogia. “Voglio solo diffondere il dharma (termine sanscrito che indica la legge universale naturale). Non ci guadagno niente, ma mi piace farlo”. TikTok è diventato una vera potenza nel mondo dell’intrattenimento in Cambogia. Secondo i dati di ByteDance, l’azienda proprietaria dell’app, all’inizio del 2022 era usata da 6,7 milioni di adulti su una popolazione di diciassette milioni di persone.
Nel TikTok cambogiano spuntano fuori celebrità locali in abiti di lusso, adolescenti che ballano al ritmo delle ultime canzoni del rapper VannDa e influencer che fanno pubblicità a cosmetici.
Negli ultimi anni, però, anche un gruppo di monaci si è ritagliato una nicchia sul social network, e lo usa per diffondere i suoi messaggi. Su TikTok i monaci predicano i princìpi e le idee buddiste. Il numero di persone che seguono Pisey è piuttosto modesto se paragonato a quello dei follower di altri monaci, che superano il mezzo milione.
Prediche rapide
L’ascesa dei cosiddetti MonkTok espone la comunità religiosa a nuovi rischi e dilemmi: ballare, cantare e cercare il successo – attività basilari per diventare una star su TikTok – sono violazioni del codice monastico. Le infrazioni molto gravi possono costare l’espulsione dall’ordine, e quando usano il social network i monaci si muovono su un confine sottile: devono riuscire a intrattenere i follower senza far arrabbiare le autorità buddiste; diffondere il dharma senza annoiare.
I monaci cambogiani sono presenti su internet da anni, usano Facebook e YouTube – le piattaforme più diffuse in Cambogia – per dare consigli e condividere video. Nel tempo hanno perfino organizzato delle dirette streaming per seguire le elezioni o informare la popolazione sulla deforestazione che colpisce molte aree del paese. Non sempre farsi conoscere su internet si è rivelato vantaggioso: un monaco importante, famoso per l’impegno in difesa dei diritti umani online, è stato costretto a lasciare il paese dopo una campagna governativa condotta contro di lui su Facebook. TikTok però presenta una sfida diversa: è usato da un pubblico più giovane, che si aspetta contenuti veloci e al passo con le tendenze del momento.
Mentre molti, come Pisey, dichiarano di stare sulla piattaforma per diffondere il dharma, per altri usare TikTok è sbagliato perché permette ai religiosi di esibirsi. Gli account di alcuni giovani monaci sono indistinguibili da quelli di persone comuni: pubblicano foto sexy in primo piano, immagini di scherzi da adolescenti e perfino di mazzette di banconote.
L’obiettivo è educare, non divertire. Chi dà la caccia ai follower perde di vista alcuni princìpi, come la ricerca del distacco e della consapevolezza
“Il mondo sta cambiando”, ha dichiarato un monaco di 38 anni attivo su TikTok che vive a Battambang. “È così che predichiamo. Non dobbiamo andare da nessuna parte, basta che le persone aprano il loro telefono. Sono cambiati i tempi, ma lo scopo è lo stesso”.
Hak Sienghai, che sul suo account ha più di cinquecentomila follower, sostiene gli altri monaci che usano TikTok, ma è attento ai contenuti che sceglie di pubblicare. Quando nel 2020 ha cominciato a usare il social network postava lezioni di lingua e letteratura khmer in piedi davanti a una lavagna bianca. Nel corso del tempo ha sviluppato un suo stile personale: divulga contenuti didattici attraverso l’umorismo e sfoggiando un sorriso accattivante.
In un video è seduto vicino al comico cambogiano Chab Chean, una coppia altamente improbabile, e insieme discutono del racconto dell’uomo che andando da Budda con una domanda trova da solo la risposta. In un altro, meno studiato a tavolino, mostra dei monaci in viaggio su una barca a motore mentre contemplano il silenzio del lago Tonlé Sap tra gli spruzzi d’acqua sollevati dallo scafo.
“Cerco di avvicinarmi ai miei follower”, dice Sienghai, “ma non troppo”. Discute di cosa postare con i componenti del consiglio amministrativo del tempio, cercando di essere da esempio per i novizi, che considerano il tempo trascorso sui social network un’attività separata dai doveri monastici. “Non sanno come usare TikTok nel modo giusto”, dice. “E questo mi preoccupa”.
Pisey, che è entrato nell’ordine nel 2013 all’età di dodici anni, è più rilassato sui social network. Ha scaricato TikTok poco dopo aver cominciato l’università e ha notato che durante le lezioni molti studenti erano incollati allo schermo. Il 70 per cento circa della popolazione cambogiana usa Facebook. “Ma i video sono lunghi, come su YouTube. È difficile prestare attenzione così a lungo”, afferma Pisey. Nei suoi primi esperimenti postava foto di se stesso: immaginva che l’algoritmo avrebbe preferito un volto umano. Poi, ad aprile del 2021, nel pieno di un lockdown a Phnom Penh, mentre l’esercito pattugliava le strade e le persone morivano di fame, Pisey lesse una poesia davanti alla telecamera del telefono. “Ci dicono di restare a casa per evitare i contagi. I ricchi possono permetterselo, ma i poveri no”, recitava. Quel video toccava un nervo scoperto, lo hanno visto in quattrocentomila persone: era la prima esperienza di Pisey con la viralità. “Ero così sorpreso”, racconta. “Quella sensazione mi ha spinto a continuare”.
Da allora Pisey si è concentrato su post brevi. Video semplici, con il suo volto o un’illustrazione e un messaggio buddista registrato dalla sua voce fuori campo. Evita altri contenuti che ha visto postare a monaci adolescenti e che rasentano la blasfemia: foto a torso nudo, canzoni d’amore o giochi d’azzardo. “Non è un buon modo di usare TikTok”, dice. “Infanga la reputazione dei religiosi”.
Reputazione a rischio
I monaci cambogiani praticano il buddismo theravada e sono obbligati a rispettare regole diverse rispetto ai laici. Con le sue 227 leggi, il codice monastico proibisce di fare sesso, di mangiare dopo mezzogiorno e di usare letti troppo comodi. Le regole valgono anche per i novizi, che non possono mentire, cantare e ballare. Secondo Yon Seng Yeath, vicerettore di una scuola buddista a Phnom Penh, almeno la metà dei precetti servono a evitare che i religiosi inseguano la fama o diventino personaggi pubblici, e quindi sono incompatibili con l’uso di TikTok.
Seng Yeath, 45 anni, fa parte dell’autorità monastica regionale che supervisiona quattro delle venticinque province del paese. Gestisce le questioni disciplinari, valutando le possibili punizioni in base al codice o impartendo insegnamenti correttivi. Negli ultimi anni, racconta, i casi di monaci che mettono a rischio la loro dignità online, soprattutto su Facebook, sono sempre di più. Nel suo ufficio a Phnom Penh, indica una statua in pietra di Budda sulla parete opposta. “Rappresenta l’illuminazione, la saggezza, l’essere toccati dal Budda”, dice. “Ma può essere usata per distruggere il mio ufficio, uccidere esseri umani e così via. E allora la domanda è: ‘Chi sbaglia, la statua o la persona che l’ha usata come un’arma?’. Lo stesso vale per TikTok”.
Ancora non è esploso alcuno scandalo davvero pesante su TikTok, racconta Seng Yeath, solo violazioni di poco conto, come cantare o ballare, che implicano l’obbligo di scusarsi con il proprio tempio. Ma anche la gestione delle dispute online può essere insidiosa. Ricorda un video virale in cui a un monaco bambino scappa una parolaccia mentre gli iniettano una dose di vaccino per il covid-19. “Era davvero piccolo”, racconta. L’incidente è stato giudicato da tutti divertente e tenero. Se però avesse riguardato un adulto, osserva Seng Yeath, avrebbe suscitato polemiche. “Lo avrebbero giudicato immorale, perché per l’opinione pubblica un monaco dev’essere paziente e contenersi”.
Codice di condotta
Esistono religiosi molto più rigidi sull’uso di TikTok. San Pisith, un monaco di 31 anni che sta facendo un dottorato in Estonia, ha di recente scritto un articolo in cui avverte del pericolo di cercare attenzione su internet e chiede ai leader cambogiani di elaborare un codice di condotta.
Pensa che i monaci non dovrebbero evitare completamente i social network, ma vorrebbe che realizzassero solo contenuti educativi. “Credo che sia il modo migliore di usare questi strumenti. Quando si cerca attivamente di aumentare i propri follower, si rischia di perdere di vista alcuni princìpi, come la consapevolezza e il distacco”. E aggiunge: “Il tuo obiettivo dev’essere educare le persone, insegnare il dharma. Ma poi hai paura, ti preoccupi che se non posti contenuti alla moda perderai il tuo pubblico. Un monaco non può avere simili preoccupazioni”.
Secondo Seng Yeath per il momento non c’è troppo da preoccuparsi se i religiosi più aperti usano TikTok, anche se la tendenza desta qualche timore. Gli account sono spesso gestiti da adolescenti, che magari entrano nei monasteri solo per un breve periodo, e condividono momenti intimi o che potrebbero ridicolizzare l’ordine davanti a migliaia di follower. “Nessuno si mostrerebbe senza vestiti davanti alla congregazione. Su TikTok, però, c’è chi appare seminudo davanti a molte più persone. È del tutto inappropriato”, dice. “I monaci devono capire che TikTok non è una realtà a sé stante, è il mondo reale osservato da un punto di vista diverso”.
Anche i monaci che usano TikTok credono che avere più regole potrebbe essere utile. Per esempio vietare ai novizi di avere account personali o magari formarli su come usare internet. “La comunità monastica, però, non può rinunciare a uno strumento come i social network per raggiungere le persone”, dice Sienghai. “Certo se il monaco vuole staccarsi dal mondo, ottenere la liberazione e inseguire l’obiettivo del buddismo, dovrebbe staccarsi da tutto, andare nella foresta e vivere lì. Ma per me e molti altri questo livello è ancora molto lontano”, prosegue Sienghai. “Siamo sulla via verso l’illuminazione. E mentre siamo in cammino cosa dovremmo fare?”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati