Quando sono arrivate al confine tra Messico e Stati Uniti, la maestra venezuelana Mayerlin Mayor e la figlia Victoria non si aspettavano di trovare un fiume di quella portata. I trafficanti gli avevano detto che attraversandolo l’acqua gli sarebbe arrivata al massimo alle caviglie. Una volta lì non hanno avuto il tempo di pensare. Come hanno raccontato i loro familiari alla stampa, il 18 gennaio Mayor e la figlia a un certo punto non hanno più toccato il fondale e la bambina è morta affogata. Migliaia di venezuelani come loro stanno cercando di raggiungere gli Stati Uniti, consegnarsi a un agente della pattuglia di frontiera e chiedere asilo.
Requisiti impossibili
Il 21 gennaio in Messico è entrato in vigore l’obbligo di visto per i venezuelani che vogliono entrare nel paese. La crisi economica e sociale del Venezuela ha peggiorato le condizioni di vita dei più poveri, e le riforme del governo del presidente Nicolás Maduro per liberalizzare l’economia dopo decenni di controllo statale hanno fatto aumentare le disuguaglianze. Di pari passo sono cresciute le restrizioni per frenare un esodo che sta travolgendo i paesi della regione. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), l’emigrazione venezuelana è la seconda più numerosa al mondo dopo quella dei siriani che scappano dalla guerra. Secondo Brian Fincheltub, commissario per gli affari consolari del leader dell’opposizione Juan Guaidó (riconosciuto da Washington presidente ad interim del Venezuela), nel 2021 centomila venezuelani hanno attraversato il confine tra Messico e Stati Uniti, venti volte di più rispetto all’anno precedente.
Il 20 per cento della popolazione ha lasciato il paese negli ultimi sei anni
L’obbligo di un visto per entrare in Messico, che sta facendo il possibile per contenere il flusso di migranti diretti verso gli Stati Uniti, è l’ultimo ostacolo per chi lascia il Venezuela. È stato un duro colpo non solo per i migranti accampati a Tapachula, nello stato messicano del Chiapas, ma anche per gli 80mila venezuelani che già vivono in Messico e speravano di farsi raggiungere dalle loro famiglie. I requisiti per ottenere il visto sono praticamente impossibili da rispettare per chi si muove in cerca di migliori opportunità: bisogna dimostrare di avere una residenza stabile in Messico, di avere un contratto di lavoro e una disponibilità economica superiore a 2.500 dollari, spiega July Rodríguez, un’attivista per i diritti umani che insieme all’avvocata Lizbeth Guerrero ha fondato Apoyo a migrantes, un’organizzazione che da cinque anni offre consulenza gratuita ai venezuelani emigrati.
“Questa misura nega il diritto d’asilo e di cercare rifugio a una popolazione già di per sé molto fragile”, afferma Guerrero, 56 anni, arrivata a Città del Messico nel 2018. Gran parte della sua famiglia vive ancora in Venezuela e per aiutarla Guerrero unisce al lavoro sociale per i migranti la vendita casalinga di generi alimentari.
Apoyo a migrantes risponde a un centinaio di messaggi al giorno attraverso WhatsApp e una pagina Facebook. Ultimamente scrivono anche molte persone centroamericane che hanno dubbi sui requisiti per entrare legalmente in Messico, che chiedono assistenza giuridica dopo essere state arrestate o cercano aiuto perché vivono in strada. Insieme ad altre organizzazioni, Apoyo a migrantes sta preparando il ricorso contro l’obbligo del visto. All’inizio di gennaio anche il Belize aveva annunciato l’introduzione del visto obbligatorio per i venezuelani. Oggi i paesi che chiedono un visto ai venezuelani sono 98, di cui 22 solo in America Latina. In molti casi queste restrizioni sono state adottate di recente.
Espulsioni
Oltre all’obbligo del visto, ci sono anche le espulsioni. Durante l’amministrazione di Donald Trump i venezuelani erano stati espulsi dagli Stati Uniti attraverso paesi terzi come Trinidad e Tobago, Messico o Repubblica Dominicana, perché i rapporti tra Washington e Caracas erano critici e i voli diretti tra i due paesi erano stati interrotti dopo le sanzioni economiche imposte al Venezuela. La misura era stata duramente criticata da Joe Biden in campagna elettorale ma le espulsioni sono continuate sotto la sua presidenza, anche se nel 2021 Washington ha concesso ai migranti venezuelani una protezione temporanea.
Il 27 gennaio il dipartimento di sicurezza nazionale statunitense ha comunicato che due venezuelani erano stati imbarcati su un volo commerciale per la Colombia sulla base di una discussa legge degli anni quaranta che autorizza l’espulsione degli stranieri se rappresentano un “grave pericolo” di “introdurre una malattia trasmissibile negli Stati Uniti”. La legge, che annulla la possibilità di chiedere asilo e protezione umanitaria, è stata applicata durante la pandemia con Trump e ora è stata usata contro i venezuelani.
In Messico le attiviste Rodríguez e Guerrero dicono che sono aumentate le richieste d’asilo respinte e le espulsioni quasi immediate al confine con gli Stati Uniti.
Questa settimana più di cento organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto in un comunicato di fermare questa politica: “Le espulsioni violano la legge. I migranti rischiano di essere respinti e trovarsi in situazioni di pericolo, spesso le stesse da cui sono scappati”, dice il testo sottoscritto anche da Amnesty international, Oxfam e Wola.
◆ Il 6 febbraio 2022 la guardia costiera di Trinidad e Tobago ha sparato contro un’imbarcazione su cui viaggiavano circa venti migranti venezuelani partiti dallo stato di Delta Amacuro, nell’est del paese, e diretti nelle isole caraibiche. Un bambino di un anno è morto e alcune persone sono rimaste ferite. Le autorità di Trinidad e Tobago hanno reso noto che gli agenti hanno sparato per “legittima difesa”, perché la barca non si era fermata nonostante vari avvertimenti. Dal 2018 più di cento persone sono morte nei naufragi avvenuti nel tratto di mare che separa i due paesi. Secondo le Nazioni Unite, dal 2015 più di sei milioni di venezuelani sono emigrati. Afp
Secondo Claudia Vargas Ribas, sociologa dell’Universidad Simón Bolívar a Caracas ed esperta di migrazioni, la risposta dei diversi paesi è quella tipica di quando ci sono forti ondate migratorie: “Cambiano invece il numero di venezuelani che stanno emigrando, il modo in cui lo fanno e le rotte migratorie per i vari ostacoli imposti dai governi, oltre che per la pandemia, che ha peggiorato la crisi nei paesi latinoamericani. Nel 2018 nessuno immaginava di vedere persone che lasciavano il Venezuela a piedi, invece è successo. Non immaginavamo neanche che i venezuelani sopportassero temperature altissime come quelle del deserto di Atacama in Cile, attraversassero la foresta del Darién tra Colombia e Panamá o il rio Grande per arrivare negli Stati Uniti. Speriamo di non vederli salire sulla Bestia, il treno merci che attraversa il Messico”.
Poveri e bambini
Il 20 per cento della popolazione venezuelana – più di sei milioni di persone secondo l’Unhcr – ha lasciato il paese negli ultimi sei anni. I venezuelani sono in testa alle richieste d’asilo in tutto il mondo, anche se la percentuale di domande accolte è bassa. Vargas spiega che oggi i venezuelani incarnano perfettamente il concetto di diaspora, perché non sono diretti verso un’unica meta e perché “i migranti sono già passati da due o tre paesi”.
Nel 2019 l’Unhcr ha chiesto protezione per loro e ha esortato la comunità internazionale ad agire, anche se dal 2021 li considera “sfollati all’estero”, una categoria speciale che è stata criticata dagli attivisti per la difesa dei diritti umani. “Quella venezuelana era una migrazione mista, composta da professionisti della classe media e da persone con pochi mezzi”, dice Vargas. “Ma oggi stanno partendo i più poveri, quelli che non hanno soldi né risparmi. Ci sono anche molte donne che viaggiano sole con bambini piccoli e questo rende i migranti venezuelani ancora più vulnerabili”. C’è da aspettarsi che i numeri continuino a crescere, perché la fine della crisi economica, sociale e politica del Venezuela non sembra vicina.
Vargas ricorda che l’America Latina non ha mai avuto una politica regionale per la migrazione, perché finora non c’era mai stato un movimento di persone così grande in un arco di tempo così stretto. “Ogni paese ha le sue leggi, tutte incompatibili con i diritti dei migranti”. Fino a quando non si faranno dei passi avanti per mettere in regola queste persone e integrarle, come ha fatto la Colombia nel 2021 (nel paese ci sono 1,7 milioni di venezuelani), continueranno ad aumentare le rotte informali, il traffico di esseri umani e gli episodi d’intolleranza. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1447 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati