Il romanzo a fumetti estivo, e tuttavia impegnato, è il notturno Cassadritta, da leggere tutto d’un fiato, ovviamente nel silenzio notturno. Abdellatif Kechiche ha ambientato nel sud della Francia del 1994 la sua notevole opera cinematografica in divenire Mektoub, my love, quando la paura degli altri era lontana e anche i rapporti umani erano diversi. Non c’era la sensazione di essere controllati ad ogni passo. Roberto Grossi, romano, autore di installazioni, architetto oltre che illustratore e autore di fumetti, ambienta invece il suo racconto nel 1995, in un momento magico, o quantomeno tale era per l’autore, di riappropriazione degli spazi urbani, vuoti e periferici. Spazi sia fisici sia mentali, sia astratti sia concreti. Dimenticati. In quegli anni dilagavano i rave party dove si ballava fino allo sfinimento. Qui se ne rivendica la dimensione interclassista, lontana da tutti i controlli dell’epoca e soprattutto di oggi, lontana dalla mercificazione, compresa quella degli spazi urbani e sociali: “È ora di togliere il coperchio che copre questa città di macerie. Togliamo il coperchio. Facciamoli ballare!”. I personaggi, liberi nello spazio e nella mente in questa terra notturna che ha l’apparenza di un pianeta provato dall’apocalisse postnucleare, per mezzo di una narrazione rarefatta e frammentata, astratta e concreta, ritrovano temporaneamente la loro unità sociale e interiore. La dignità umana.

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Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati