Complementare a Pamma, l’esordio di Rambo Pavone recensito la settimana scorsa, ecco il secondo libro di Lorenzo Mò dopo Dogmadrome, altro notevole esordio. Ancora una volta l’intento è di proporre un gioco al lettore, tutto da leggere. Ma “dietro” c’è altro. In questo giallo su dei lottatori sportivi mascherati che con la loro forza nutrono una fonte di energia pulita, o così supposta (l’Omnilith del titolo), c’è il gusto postmoderno per i riferimenti al pulp e più in generale per il pastiche e il lavoro ludico sui codici dei generi narrativi, contiguo alla parodia. Se i riferimenti al videogioco non sono così espliciti come in Dogmadrome, dove erano anzi il fondamento della narrazione, qui si reinventa il nostro mondo fatto di codici a barre e soprattutto di qr code e, più in generale, di grafica pubblicitaria infantile, anch’essa digitale. Ma il tutto è mutato in una dolce estetica che ci fa entrare in un permanente clima sospeso e onirico, e non soltanto perché la vicenda si svolge in gran parte di notte. Ibridando molto del kitsch e del trash veicolati dal digitale e prima, anche se in forme diverse, da tutti i mezzi d’espressione narrativi, graficamente l’autore trasfigura un’estetica che pare quella delle pubblicità a fumetti più banali, lavorando con sapienza le espressioni dei volti, le inquadrature, i cromatismi. Ma il ludico qui è crudele, futilmente crudele. Come il mondo di oggi.
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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati