Il fumetto concettuale statunitense forse gira in tondo quanto la società americana. E nella sua diversità tende all’asettico quanto la società, alienata. Adrian Tomine, per la sua straordinaria finezza nel descrivere situazioni di vita e di psicologie che assurgono all’universale, ne è l’emblema. Canicola, la più originale e dinamica casa editrice italiana di fumetto alternativo, festeggia i vent’anni lanciando un’apposita collana di raffinati volumi cartonati in tela – venti20 – e comincia proprio con i racconti minimalisti di Tomine, da quelli più brevi a quelli più lunghi, che risalgono soprattutto alla seconda metà degli anni novanta. Non ci sono smartphone e i social, ma siamo molto vicini alla palude dell’America di oggi, più che mai senza futuro per via della (presunta) fine della storia. Il lavoro grafico asettico dell’autore assume così il suo senso profondo: è l’estetica per eccellenza per rappresentare un’immobilità che si è fatta ora sistema agghiacciante, basta leggere i nuovi autori, come Nick Drnaso. In questo universo di uomini e donne tutti divorziati, oppure figli o figlie di divorziati, l’autore già delinea una società atroce abbandonata a se stessa, sonnambula, fondata sul trauma della separazione, sulla frattura congenita nelle relazioni, familiari e non solo. Il suo sguardo umano non impedisce la diagnosi implacabile che il destino degli Stati Uniti sia quello di una disunione endemica, inarrestabile. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1571 di Internazionale, a pagina 81. Compra questo numero | Abbonati