Dopo l’esordio folgorante con Lime, Tilloca torna con una nuova graphic novel geniale, fluviale e scorrevolissima, almeno quanto un vecchio numero di Alan Ford o di Zagor. Oppure come un manga d’azione. La bellissima ragazza del titolo, Enola Gaynor, rievoca invece la Elektra di Frank Miller. E richiama Miller, quello del lungo ciclo di Sin City, anche la misteriosa e sensualissima bocca femminile, sempre inquadrata in primo piano, che perseguita al telefono il protagonista, Jack Plant. Una bocca-logo, così come Plant (alla sua seconda avventura dopo Lime) è un surrogato e un concentrato di personaggi di decenni di fumetto popolare e di cinema. È un mondo parodistico postmoderno di non-personaggi più che di antieroi, di non-avventure o avventure abbozzate, che non ha nulla dell’estetica fredda del postmoderno ma che al contrario è quasi un trionfo del vecchio fumetto fondato sul segno grafico, sulla sua leggerezza e volatilità guizzante, manga compreso (basti pensare a Golgo 13 di Takao Saitō). Come in Lime, si entra e si esce dai generi e dalle varie realtà e poi ancora dai sogni e dalla realtà (che sembrano la stessa cosa) in maniera semplice ma sorprendente. Non c’è poesia come s’intende comunemente, eppure il gesto del segno grafico, fresco e spontaneo, libero da tutto, porta con sé la poesia dello sguardo non contaminato dell’infanzia e dell’adolescenza. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1578 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati