Ci sono tanti modi per impedire alle persone di spostarsi. Con una rapida ricerca su Google è possibile trovare un volo diretto che costa circa duecento euro e che in un’ora e venti porta da Tunisi a Roma.

Oppure si può prendere il traghetto: venti ore da Tunisi a Civitavecchia, viaggiando di notte. Il biglietto costa un centinaio d’euro.

Ma per spostarsi in aereo o in nave serve un visto. E chi non lo ha può solo fare la traversata del Mediterraneo su una di quelle imbarcazioni che a volte naufragano. Fino a 1.500 euro per viaggiare su barchini di ferro con a bordo anche centinaia di persone.

Le limitazioni agli spostamenti, però, non colpiscono solo le persone che sono costrette a migrare e a trasferirsi da un paese a un altro. Obioma Adesewa Okonkwo è un’avvocata nigeriana.

Era stata invitata in Costa Rica per parlare a un convegno e si era preoccupata di presentare i documenti per il visto mesi prima. Ma il visto non è arrivato e ha dovuto annullare il viaggio, come altri trecento partecipanti.

Hamira Kobusingye è un’attivista ugandese per il clima e racconta che spesso per ottenere il visto ha bisogno di chiedere lettere di raccomandazione. Che non sempre bastano: malgrado queste lettere Kobusingye non ha potuto partecipare alla conferenza sul cambiamento climatico di Bonn in Germania e alla conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua a New York.

Le storie di Okonkwo e di Kobusingye sono raccontate in un’inchiesta di Lin Taylor, della Thomson Reuters Foundation, su come la partecipazione alle conferenze e ai grandi convegni internazionali sia di fatto impedita alle persone che vivono in molti paesi del sud del mondo.

Con, nel caso delle conferenze sulle questioni ambientali, un effetto paradossale: sebbene l’Africa sia colpita in modo particolarmente violento dalla crisi climatica, le decisioni prese a livello internazionale non vedono il coinvolgimento di esperte e attivisti africani, a cui viene sistematicamente negato il visto dagli stessi paesi che ospitano le conferenze. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1521 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati