Con poche eccezioni la tradizione filosofica occidentale non ha mai trattato bene i “mezzi”, subordinandoli a finalità più alte, identificate di volta in volta con intelligenze ordinatrici, razionalità o progetti di ordine superiore. Nella direzione opposta procede questo libro, che parte da una genealogia del finalismo (da Aristotele a Kant) e dei suoi critici (da Spinoza a Nietzsche) per formulare una prima ipotesi: il concetto di mezzo è servito a celare i corpi che, vivendo e riproducendosi, lavorano a ogni progetto e sostengono qualsiasi ordine. Proseguendo, Stimilli ragiona su chi, come Karl Marx, i mezzi (il lavoro, i lavoratori) li ha valorizzati quali elementi necessari per garantire l’ordine e dunque potenzialmente anche per sovvertirlo. Heidegger e Foucault servono per tornare ai corpi, protagonisti di ogni cambiamento, e a questo punto per completare il ragionamento interviene il pensiero femminista mostrando che, prima ancora del lavoro e dei lavoratori, a sostenere l’ordine c’è la riproduzione garantita dalle lavoratrici e che il lavoro di cura – non valutato e affidato ai corpi delle donne – è il tassello fondamentale che permette di scardinare ogni tentativo di ridurre l’azione umana a una logica del mercato. Così (attingendo a Marcel Mauss e André Leroi-Gourhan) i corpi rivelati dal femminismo si dimostrano capaci di dare alla nozione di mezzo un senso più profondo e credibile. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati