Quindici anni fa il filosofo e sociologo francese Didier Eribon pubblicò il memoir Ritorno a Reims (Bompiani) in cui, partendo dalla morte del padre, rifletteva sulle proprie origini e sui modi in cui quell’uomo gli aveva condizionato la vita. Il libro ha avuto un grandissimo successo, è diventato un classico, ha dato origine ad adattamenti cinematografici e teatrali ed è stato fonte d’ispirazione per saggi e romanzi. La morte della madre, dopo un breve soggiorno in una casa di cura, è lo spunto per questo nuovo esercizio di autoanalisi che all’inizio avrebbe dovuto chiamarsi Retour à Reims vol. II. Come nel libro precedente, l’esperienza e i ricordi personali illuminano un contesto più ampio, ma in questo caso il focus si sposta da sé ai propri genitori e permette all’autore di riflettere, con l’aiuto di altri libri, su aspetti fondamentali della vita: la condizione delle donne, specialmente quelle cresciute nella seconda metà del novecento, intrappolate in matrimoni da cui non potevano uscire; la natura del legame che porta i figli a tornare a occuparsi dei genitori spesso dopo lunghe fasi di allontanamento e di conflitto; la condizione delle persone anziane, che nel mondo di oggi non hanno la possibilità d’intervenire e prendere la parola e sono abbandonate da un servizio pubblico che, lasciando un bisogno sociale insoddisfatto, lo rende preda delle speculazioni dei privati. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1578 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati