È ancora possibile riuscire a percorrere la stretta via che condanna la violenza degli attacchi terroristici organizzati da Hamas e s’inquieta per la radicalizzazione religiosa del movimento per la liberazione palestinese e, al tempo stesso, deplora i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito israealiano a Gaza sotto gli ordini di un governo che include e insegue una destra sempre più estrema? È quanto prova a fare Anna Foa, storica e voce dell’ebraismo diasporico italiano, in questo libro limpido e accorato. Consapevole che “capire non basta, certo, ma senza comprensione non esistono possibilità”, Foa traccia una storia sintetica e chiara dell’evoluzione del sionismo dalle origini a oggi, utile a delineare potenzialità e limiti della sua interpretazione in senso coloniale. La mutevole identità israeliana (e per certi versi anche quella palestinese) viene connessa a questa vicenda tormentata, scandita sì dalle tante guerre arabo-israeliane, ma anche da scelte politiche come l’interpretazione della Shoah fondata dal processo Eichmann, dall’arrivo in Israele dei russi negli anni novanta e dall’uso del terrorismo, che hanno profondamente mutato il rapporto con la diaspora e modificato il senso dell’idea di antisemitismo. La conclusione è un giudizio pesante sul rischio gravissimo che corre lo stato ebraico abbracciando il suprematismo proposto da Netanyahu e dai suoi alleati. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati