A intervalli quasi regolari, spinto da una qualche urgenza, Walter Siti si prende una pausa dalla scrittura di romanzi e pubblica un breve saggio-pamphlet. Lo ha fatto per divulgare un’intuizione critica (Il realismo è l’impossibile, Nottetempo), per criticare una tendenza della letteratura contemporanea (Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli), oppure per segnalare un epocale cambio di paradigma (Pagare o non pagare, Nottetempo). C’era una volta il corpo appartiene a quest’ultimo tipo di interventi e descrive la fine di un mondo: quello in cui il corpo era usato come strumento fondamentale (o unico) per lavorare, competere, amare, osservare il trascorrere del tempo. Secondo Siti, oggi tutto ciò sta finendo. Per effetto della tecnologia e della mutazione della socialità, queste funzioni sono sempre meno “corporali” e al corpo resta soprattutto il compito di comunicare; un compito reso difficile e pericoloso da una sovraesposizione che lascia stremati e spinge gli individui alla ricerca di sistemi per evadere da sé. Prendendo esempi dalla realtà che ci circonda e mettendoceli davanti agli occhi con la consueta chiarezza brutale, Siti propone alcune riflessioni interessanti per interpretare i cambiamenti che ci attraversano e apre qualche finestra anche sul suo laboratorio di scrittore e sul modo in cui pensa a un tema che da sempre lo interessa molto. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati