È nel cuore di una notte popolata da incubi che Gyeong-ha, la narratrice di Non dico addio della sudcoreana Han Kang (premio Nobel per la letteratura 2024), ritrova paradossalmente il gusto della vita. Ripensando a quanto disposto dal suo testamento, la giovane si alza dal letto, si lascia alle spalle la sua malinconia e si rimette in movimento. Lascia per un attimo l’immagine del suo brutto sogno, il paesaggio e le sensazioni che rivive instancabilmente da più di quattro anni con la difficile scrittura di un’opera su un antico massacro: morte, neve, acqua, misteriosi tronchi d’albero la perseguitano ogni notte. Tuttavia, questa immagine ricorrerà in tutto il romanzo, affermandosi come una visione funebre o una profezia che sembra sul punto di avverarsi. Altre immagini, altri sogni sono portati da altri personaggi, contraddicendo o parafrasando la realtà raccontata da Gyeong-ha. La grande forza di questo libro è quella di creare fin dalle prime pagine un flusso affascinante di sogno e realtà, uno spazio mentale unico ma assolutamente credibile. E la neve continua a cadere, dietro le palpebre chiuse o davanti agli occhi aperti. Han Kang, già affermata in occidente con il suo romanzo La vegetariana, con Non dico addio ci consegna la sua opera migliore. Piena di sobrietà e delicatezza, fedele a una narrazione asciutta e disadorna, la scrittrice si conferma maestra della letteratura di una terra di mezzo, tra il fantastico e l’esistenziale, tra il romanzo intimista e il romanzo storico. E come la sua protagonista Gyeong-ha, è una scrittrice perduta che scivola da un mondo all’altro, dallo scoramento alla rivelazione. Non dico addio può essere letto in due modi: come un romanzo romantico che sfrutta tutti gli artifici della letteratura popolare oppure come una storia intima tutta giocata sulle discontinuità della memoria, familiare e storica. Gyeong-ha tiene sulle spalle il peso di storie che vanno oltre la sua realtà e risalgono alla metà del ventesimo secolo. Sotto la superficie del presente riaffiora – ma dobbiamo aspettare che lei se ne renda pienamente conto – un’altra epoca, quella degli anni quaranta e cinquanta, che perseguita i personaggi del libro a loro insaputa. Questo viaggio tra sogno e memoria di Gyeong-ha è davvero una formidabile creazione emotiva e letteraria.
Nils C. Ahl, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati