Gli Stati Uniti stanno uscendo dalla pandemia a una velocità sostenuta, ma allo stesso tempo si stanno scoprendo profondamente cambiati. Aziende e consumatori faticano ad adattarsi a un nuovo scenario fatto di prezzi più alti, minor numero di lavoratori disponibili, innovazioni e una serie di disagi. Alla fine di febbraio del 2020 la disoccupazione era del 3,5 per cento, l’inflazione era sotto controllo, i salari erano in aumento e le imprese statunitensi cercavano di riprendersi da una guerra commerciale che andava avanti da qualche anno. La pandemia ha sovvertito tutto, danneggiando alcune parti dell’economia più di altre. Quest’anno, grazie alla vaccinazione di massa e alla costante regressione del virus, molte attività hanno riaperto. Ma gli statunitensi si trovano davanti qualcosa d’irriconoscibile: i prezzi sono aumentati, gli alloggi scarseggiano, ci vogliono mesi per farsi consegnare mobili, elettrodomestici e diversi altri prodotti, c’è un’enorme discrepanza tra milioni di lavoratori disoccupati e milioni di posti di lavoro disponibili.
Jerome Powell, il presidente della Federal reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti), ha riconosciuto la situazione aggiungendo che i politici hanno sbagliato a valutare alcuni aspetti della ripresa e che nessuno sa bene cosa succederà in futuro. “È un periodo straordinariamente insolito. E non abbiamo alcuno schema o esperienza a cui fare riferimento”, ha affermato il 16 giugno. Ora gli esperti discutono se i cambiamenti siano temporanei o destinati a durare per anni. Ma molti concordano sul fatto che in ogni caso si tratta di novità dirompenti.
Nel mercato immobiliare i prezzi sono aumentati fino al 10 per cento
Ci sono trasformazioni più evidenti. Per esempio, la possibilità di lavorare a distanza o l’abitudine diffusa di comprare online beni di prima necessità come i generi alimentari. Queste novità saranno permanenti. Secondo la società di consulenza McKinsey, è probabile che quasi un quarto degli statunitensi lavorerà da casa uno o due giorni alla settimana. E il commercio online, che nell’ultimo anno è cresciuto a velocità tripla rispetto al passato, non mostra segni di rallentamento.
Ma stanno emergendo anche altre dinamiche. Una è l’inflazione, che a maggio ha registrato un record rispetto agli ultimi tredici anni ed è considerata il principale fattore di rischio per la ripresa. Secondo la Fed è un fenomeno di breve durata, ma imprese e consumatori stanno già modificando alcuni comportamenti. Molte aziende stanno riducendo le quantità di fazzoletti di carta in un pacchetto o di cibo per gatti in una lattina, mantenendo invariati i prezzi. Le imprese edili non garantiscono più i prezzi degli immobili in costruzione per paura che i costi dei materiali possano subire altri aumenti.
In questo contesto i lavoratori chiedono salari più alti e migliori condizioni di vita. Vogliono più flessibilità, più opportunità per le minoranze e più tempo da dedicare alla famiglia. Le imprese sono attente a queste esigenze, soprattutto perché hanno un disperato bisogno di manodopera. Secondo il sito di annunci di lavoro Indeed, in questo momento ci sono 9,7 milioni di posti di lavoro disponibili, una cifra mai vista prima.
Nessuno sa a cosa porterà tutto questo. Nel mercato immobiliare i prezzi in molte aree del paese sono aumentati fino al 10 per cento rispetto al 2020. Preoccupa il fatto che molte persone vorrebbero comprare una prima casa ma sono tagliate fuori dal mercato perché non possono permettersi certe cifre, e dovranno restare in affitto. Secondo Susan Wachter, condirettrice dell’Institute for urban
research dell’università della Pennsylvania, gli Stati Uniti sono sull’orlo di una crisi degli affitti. Alla fine di giugno terminerà la moratoria nazionale sugli sfratti, e molti proprietari di case non vedono l’ora di aumentare gli affitti e cacciare gli inquilini che hanno perso il lavoro. Al tempo stesso gli investitori hanno fatto incetta di case monofamiliari a basso costo nella speranza di affittarle e guadagnare molti soldi. Il centro studi CoreLogic ha stimato che ad aprile gli affitti delle case monofamiliari erano già aumentati del 5,3 per cento rispetto a un anno fa.
Lo stesso discorso vale per l’automazione. Dopo l’esplosione della pandemia le aziende hanno cercato di ridurre il numero di persone in ufficio, in albergo o in fabbrica puntando sui robot e sul telelavoro. Hanno fatto grandi investimenti nel settore tecnologico che, secondo gli economisti, potrebbe tradursi in uno stimolo alla produttività dei lavoratori tra i più alti degli ultimi anni. Per questo la McKinsey sostiene che entro il 2024 gli Stati Uniti potrebbero avere un pil pro capite più alto di 3.500 dollari. Probabilmente però questi guadagni non saranno distribuiti in modo omogeneo. L’automazione ha anche dei lati negativi, in particolare lascia indietro i lavoratori poco qualificati.
Intanto i politici continuano ad arrovellarsi su cosa potrebbe succedere con l’inflazione. Il paese non ne registrava una così sostenuta da trent’anni. La questione del prezzo del legname, che a maggio ha toccato il record di 1.670 dollari per mille piedi tavolari (che corrispondono a circa 2,3 metri cubi), illustra bene il grave problema dell’aumento dei prezzi e degli approvvigionamenti. Sia a Wall street sia alla Casa Bianca hanno tirato un sospiro di sollievo quando nelle ultime due settimane i prezzi del legname in borsa sono scesi di circa 600 dollari, ma il costruttore edile Jerry Konter, di Savannah, in
Georgia, spiega che la realtà è molto diversa dai grafici sui terminali di Wall street. I negozianti e i fornitori continuano a mantenere altissimi i prezzi del legname perché devono smaltire le scorte comprate a caro prezzo. Secondo Konter, i prezzi al dettaglio non cambieranno prima di agosto o settembre. Per la prima volta da quando è nel settore dell’edilizia Konter ha alterato il suo contratto standard eliminando la garanzia di una data o un prezzo certi.
Molti economisti e operatori di borsa credono alle previsioni della Fed, secondo cui l’inflazione dovrebbe rallentare alla fine del 2021, ma poi si affrettano ad aggiungere che la loro paura più grande è che la Fed si sbagli. Se molti si convinceranno che l’inflazione si manterrà al 5 per cento all’anno, chiederanno salari più alti, e le imprese reagiranno aumentando i prezzi al consumo. La Fed dovrebbe rispondere a questo circolo vizioso alzando rapidamente i tassi d’interesse, ma così rischierebbe di provocare una recessione.
Sul versante delle assunzioni c’è quasi un disoccupato per ciascuna posizione lavorativa aperta, ma riempire quei vuoti non è mai facile. Le persone non vivono necessariamente dove sono disponibili i posti di lavoro né hanno la formazione o le competenze adatte. Dopo un anno così difficile, inoltre, i lavoratori sono meno disposti a fare le stesse cose di prima per la stessa paga e le stesse condizioni di lavoro. “Potrebbe esserci un cambiamento sostanziale nel potere di contrattazione della manodopera”, afferma Diana Farrell, ex amministratrice delegata del JpMorgan Chase institute.
Nazione limbo
Mackenzie Tran, una disoccupata del Missouri, usa l’espressione “nazione limbo” per descrivere la situazione economica attuale. Molti sono in attesa di capire se potranno ottenere il lavoro dei loro sogni. Dopo un anno difficile desiderano qualcosa in più e grazie agli aiuti per la disoccupazione hanno abbastanza denaro da non essere costretti ad accettare il primo lavoro disponibile. Alcuni governatori repubblicani hanno già cominciato a ritirare i sussidi. “Serpeggia l’accusa che se non lavori oggi è perché sei pigro. Ma le vite delle persone sono state sconvolte”, dice Tran. “La gente mi dice ‘dovrei andare a lavorare da McDonald’s, ma non è il lavoro che fa per me’”.
Tran e il marito gestivano uno spazio per esibizioni dal vivo a Kansas City. Durante la pandemia hanno smesso di lavorare. Da poco hanno riaperto con qualche spettacolo. Sono ottimisti sulla possibilità di tornare ai ritmi di prima entro la fine dell’estate, ma ora di fatto non guadagnano e il Missouri ha appena tagliato i sussidi ai lavoratori dello spettacolo e ai lavoratori autonomi. Il gran numero di posti disponibili ha dato agli statunitensi la fiducia per pretendere salari più alti e sperimentarsi in nuovi settori, sapendo di poter comunque ripiegare su un lavoro nella ristorazione o nel settore alberghiero se le cose non dovessero funzionare. I lavoratori che si licenziano non sono mai stati tanti e molti americani stanno lanciando le startup che sognavano di avviare da anni.
Questa è un’estate limbo, come l’ha definita la lavoratrice del Missouri. Servirà molto più tempo per capire i cambiamenti sostanziali nell’economia. L’unica cosa certa è che dopo la pandemia sarà molto diversa. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati