La mobilitazione lanciata in Iraq nelle scorse settimane dal religioso sciita Moqtada al Sadr è stata appoggiata da due categorie di iracheni. La prima era composta di persone con buone intenzioni, convinte che la formazione di Al Sadr potesse guidare il paese contro la volontà dell’Iran. Speravano di rimediare ai torti, sradicare la corruzione e garantire sicurezza, giustizia e indipendenza in Iraq. Nella seconda categoria c’erano invece persone malintenzionate che prosperano sull’ipocrisia, sull’inganno e sulla manipolazione.
Anche dopo che Al Sadr ha annunciato il ritiro dalla politica, gli iracheni si sono in gran parte rifiutati di essere coinvolti nel conflitto tra la formazione sadrista e i rivali sciiti del Quadro di coordinamento, legati a Teheran, perché pensano che nessuno dei due sia adatto a governare il paese.
Sono anni che Al Sadr crea scompiglio. La vittoria della sua formazione alle elezioni di ottobre l’ha reso ancora più arrogante. Pensava di diventare il leader indiscusso. Il 29 e il 30 agosto i suoi sostenitori hanno invaso la zona verde di Baghdad, scontrandosi con le forze di sicurezza. La crisi stava sfuggendo di mano. L’Iran è stato costretto a intervenire contro Al Sadr, dopo che i messaggi dei Guardiani della rivoluzione non erano riusciti a convincerlo a seguire la volontà di Teheran.
Rientro nei palazzi
Quando la massima autorità religiosa del movimento sadrista, l’ayatollah iraniano Kadhim al Haeri, ha ordinato di obbedire alla guida suprema della rivoluzione islamica Ali Khamenei, è stato come se Teheran puntasse un’arma contro Al Sadr. Gli ha imposto di scegliere tra pentimento e martirio, e lui ha deciso di lasciare la politica e ha ordinato il ritiro dalla zona verde. Nel giro di un’ora i suoi seguaci si sono precipitati fuori in massa, portando via armi, pentole e tende. Così la vita è tornata alla normalità, e i protagonisti della politica irachena sono rientrati nei loro palazzi incoronati dalla vittoria.
Chi ha perso con il ritiro di Al Sadr? Al primo posto c’è l’alleato della coalizione di Al Sadr, Massud Barzani, che aveva avanzato richieste eccessive. Barzani ha insistito per insediare suo zio Hoshyar Zebari alla presidenza della repubblica. Ma a febbraio la corte suprema ha respinto la nomina a causa delle accuse di corruzione rivolte a Zebari quando era ministro delle finanze, così Barzani ha posto come condizione per proseguire l’alleanza l’elezione del suo assistente Reber Barzani.
27 luglio 2022 I seguaci del religioso sciita Moqtada al Sadr assaltano il parlamento per impedire ai rivali del Quadro di coordinamento di nominare il premier.
29 agosto 2022 Al Sadr annuncia il ritiro dalla politica. I suoi sostenitori invadono la zona verde di Baghdad e negli scontri con le forze di sicurezza muoiono trenta persone.
30 agosto Al Sadr ordina ai seguaci di ritirarsi.
1 settembre Quattro miliziani di due fazioni sciite rivali muoiono negli scontri a Bassora.
2 settembre Centinaia di persone manifestano a Baghdad contro il sistema politico.
4 settembre Il parlamento riprende le attività.
Il secondo sconfitto è il popolo iracheno, pieno di risentimento e rabbia. La reputazione della rivolta del 2019, quando migliaia di persone erano scese in piazza contro la corruzione del sistema politico, è stata infangata dall’invasione dei seguaci di Al Sadr nella zona verde.
Al terzo posto nella lista c’è il Quadro di coordinamento, composto da partiti legati alle milizie sciite vicine all’Iran. I suoi politici si sono dimostrati ignoranti, stupidi e avidi pensando di poter approfittare dell’assenza dei sadristi. Nessuno crede al loro appello per formare un governo di unità nazionale, avviare le riforme e ripristinare il prestigio dello stato. Non c’è stato, dignità, giustizia né legge in presenza dei vecchi politici iracheni.
Un giorno suonerà la campana della rabbia. Il popolo d’Iraq, usurpato, saccheggiato, svenduto, romperà il silenzio per cacciare gli ipocriti, i vassalli e gli impostori e strapperà le catene del controllo straniero e dell’occupazione. Quel giorno non è lontano. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati