Siamo abituati a favole in cui le principesse sono esseri indifesi, i cavalieri intrepidi ammazza draghi, le streghe cattive e i bambini discoli. Siamo abituati ai cattivi e ai buoni, al “e vissero felici e contenti” un po’ patriarcale. Le fiabe, però, riflettono immaginari, sogni, paure, fasi della vita. E anche se sembrano fisse nel tempo, da quando passano di bocca in bocca sono di fatto in perenne evoluzione. Scritte e riscritte in innumerevoli forme mutevoli. La fiaba è duttile. L’ungherese Nagy M. Boldizsár ha pensato proprio a questa duttilità quando ha chiesto a vari autori di riscrivere delle fiabe in modo che siano inclusive e rispettose delle minoranze. Si è avvalso anche della bravura di Lilla Bölecz, che con le sue illustrazioni dà un tocco di magia all’insieme. E finalmente i principi possono smettere di uccidere draghi e le principesse, invece di aspettare l’eroe, diventano eroine della propria storia. Le streghe poi non sono così cattive. Insomma, un mondo che assomiglia alla contemporaneità con tutta la sua fluidità. Il libro semplice e diretto, dolce e politico, ha attirato l’attenzione dell’estrema destra ungherese, che ha tentato di boicottarlo. Senza fortuna. In Ungheria è un libro molto amato. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1512 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati