Non c’è neanche il tempo di rendersi conto dell’ultimo colpo assestato alla libertà di Hong Kong, di comprenderne le conseguenze e le implicazioni, che già ne arriva un altro. Ieri avevano proibito l’acqua, scrivo a un’amica, e oggi fanno chiudere l’Apple Daily. E lei risponde che dell’acqua si era quasi dimenticata. Succede tutto troppo in fretta. Hai saputo del ragazzino che è stato portato via da venti poliziotti perché aveva appeso alla finestra della sua camera una bandiera che inneggiava a Hong Kong? Lo hanno ammanettato e incappucciato.
Non è facile seguire la cronologia degli eventi. Si accavallano, restando sul cuore come un malloppo informe e pesante, un trauma collettivo che continua a intensificarsi, come se la lunga pandemia avesse creato lo spazio ideale per il suo sviluppo. Per dipanare un po’ questa matassa di spine: il quotidiano Apple Daily è stato fondato nel 1995 dall’industriale Jimmy Lai, 73 anni, arrivato a nuoto a Hong Kong dalla provincia cinese del Guangdong quando ne aveva otto, un piccolo rifugiato con un dollaro in tasca. Fin dall’inizio era un quotidiano irriverente, dalla parte di chi chiedeva diritti umani, elezioni, libertà di espressione, chiarezza sulle responsabilità per i fatti del 1989 a Pechino e riforme politiche a Hong Kong e in Cina. Era un insolito ibrido: schierato per la democrazia, ma con derive populiste. All’inizio tante foto di signorine in costume da bagno e scandali rosa che coinvolgevano il mondo dello spettacolo locale. Questo secondo aspetto si era affievolito dopo che Lai si era convertito al cattolicesimo e via via che la lotta per la difesa dei diritti di Hong Kong si faceva più dura. Erano rimaste invece le vignette satiriche contro la classe dirigente cinese e quella di Hong Kong, caricature che rompevano i formalismi della stampa locale. Nei suoi editoriali e nei suoi pezzi di opinione l’Apple Daily chiedeva le dimissioni dei segretari e del capo dell’esecutivo di Hong Kong e denunciava gli abusi in Cina: insomma, faceva il quotidiano di opposizione. In occasione delle manifestazioni importanti venivano stampati degli slogan nel paginone centrale, che i dimostranti potevano usare come cartelli. Era uno dei primi quotidiani per diffusione a Hong Kong, con due milioni di visualizzazioni al giorno e duecentomila abbonati, in competizione con l’Oriental Daily, un tabloid filogovernativo. La differenza tra i due, a parte le posizioni politiche, era che l’Apple Daily era quasi privo di pubblicità, dato che nessuna azienda che commercia con la Cina poteva comprare i suoi spazi pubblicitari. L’odio che il governo cinese nutre nei confronti dell’Apple Daily è anche dovuto alla convinzione che se non ci fosse una stampa libera che aizza l’opinione dei cittadini di Hong Kong, questi sarebbero molto meno ostili al Partito comunista. Dimentica che la maggior parte di loro è arrivata a Hong Kong proprio per sfuggire al Partito comunista cinese, o è figlia e nipote di chi è fuggito.
Nei suoi editoriali l’Apple Daily chiedeva le dimissioni dei segretari e del capo dell’esecutivo e denunciava gli abusi in Cina: insomma, faceva il quotidiano di opposizione
Lai è stato arrestato il 10 agosto del 2020, poco più di un mese dopo che Pechino ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale. È stato accusato di reati che vanno dalla sovversione alla manifestazione non autorizzata, dall’uso improprio dei locali del giornale alla collusione con forze straniere per aver auspicato sanzioni contro i leader di Hong Kong. L’Apple Daily ha continuato a uscire fino al 17 giugno, quando cinquecento poliziotti sono entrati nella redazione del quotidiano e hanno arrestato cinque dei suoi dirigenti, sempre per reati introdotti dalla nuova legge sulla sicurezza. I fondi del giornale sono stati congelati: più di due milioni e mezzo di euro che non possono più essere usati per pagare gli stipendi, i fornitori e la distribuzione. Le banche hanno fermato tutto, e il governo ha rifiutato di sbloccare i fondi, costringendo il giornale più libero di Hong Kong a chiudere. Il 22 giugno Carrie Lam, che guida l’esecutivo, ha detto che si può assolutamente fare giornalismo a Hong Kong, ma chiedere le dimissioni del governo equivale a promuovere la sovversione. Del resto, 47 esponenti dell’opposizione sono in prigione dal 6 gennaio perché avevano organizzato le primarie per delle elezioni che sono state poi cancellate, perché mettere a punto una strategia per vincere le elezioni equivale, secondo il governo, a un tentativo di sovversione.
Questo è il clima. E l’acqua cosa c’entra? Una catena di supermercati aveva deciso di mettere delle etichette sulle bottiglie d’acqua con delle frasi che ispirassero positività, come “Hong Kong è davvero bella!”, “Non importa se andiamo o restiamo, le nostre radici saranno per sempre qui” o “Esiste un tipo di forza che si chiama perseveranza”. Il governo le ha fatte immediatamente ritirare dagli scaffali, perché potevano essere interpretate in modo sovversivo. Oggi chi ancora se la sente di scherzare pubblica sui social l’hashtag “Hong Kong è bruttissima!”. Ma sono in pochi: ridere è diventato un po’ più difficile.
Questo articolo è stato scritto per Internazionale.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati