Dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina molti sembravano decisi a ricavare gli obiettivi dell’aggressore dal folclore ultranazionalista usato dalla propaganda del Cremlino per compiacere la popolazione, invece di esaminare la storia recente del paese, la sua politica economica, la sua posizione sulla scena internazionale e i suoi interessi militari e strategici in Ucraina. Questa scelta, condivisa anche da molte persone di sinistra, ha significato il rifiuto di una solida analisi materialista in favore di una semplicistica analisi del discorso, che guarda caso si è allineata alla propaganda liberal dei paesi occidentali.
Questi esperti interessati più alle parole che alle azioni hanno osservato che il presidente russo Vladimir Putin aveva definito il collasso dell’Unione Sovietica la più grande tragedia del novecento e aveva messo in discussione il fatto che l’Ucraina fosse uno stato-nazione indipendente. Quindi ne hanno concluso che Mosca stava non solo per inghiottire l’Ucraina, ma anche per attaccare il resto del mondo post-sovietico.
Per chi osserva i fatti, lo schieramento delle truppe russe mostrava chiaramente gli obiettivi della guerra di Mosca
E hanno adottato questa forma di allarmismo e di legittimazione della militarizzazione occidentale, nonostante l’evidente divario tra la volontà dichiarata e la reale capacità di Mosca. Hanno continuato a spingere questa narrazione a dispetto anche di un’ulteriore contraddizione: il fatto che l’atteggiamento militare-strategico russo all’inizio della guerra mostrava obiettivi ben diversi. In pochi si sarebbero mossi alla conquista di uno stato-nazione che all’epoca aveva ancora 44 milioni di abitanti e un’estensione di 603mila chilometri quadrati (quasi il doppio della Germania) impiegando solo 190mila soldati.
Per fare un paragone, nel 1939 la Germania nazista invase la Polonia (che era relativamente più piccola e con difese molto più deboli) con un milione e mezzo di soldati, affiancati da attacchi aerei condotti da quasi novecento bombardieri e più di quattrocento aerei da combattimento. Quando la Germania attaccò l’Unione Sovietica schierò tre milioni di soldati, la più grande forza di invasione della storia mondiale.
Per chi vuole studiare la storia mentre succede invece che la storia del succedersi delle idee (o, per essere precisi, della propaganda), lo schieramento delle truppe russe mostrava chiaramente gli obiettivi della guerra di Mosca. Nascondere il malcontento interno era una parte della storia: paradossalmente, chiunque detestava Putin e si augurava un cambio di regime a Mosca avrebbe dovuto adottare già da tempo una politica di distensione, per permettere alle contraddizioni interne di manifestarsi. Ma al di là di questo: Putin ha tentato di espandere e annettere formalmente il Donbass ricco di minerali e i futuri oblast’ di Kherson e Zaporižžja (per i quali erano già state stampate nuove mappe), creando un collegamento terrestre con la Crimea, annessa nel 2014, e soprattutto provocando un “cambio di regime” a Kiev, in modo che l’Ucraina, divisa tra est e ovest, restasse neutrale e non fosse trasformata in un avamposto della Nato e dell’impero statunitense.
Ma perché prendersi la briga di studiare la storia, l’economia politica, la teoria dell’imperialismo e gli studi sulla guerra, per poi trovarsi nella scomoda posizione di essere in contrasto con la propaganda e il potere degli stati liberali occidentali, dei mezzi d’informazione pubblici e dei loro interessi? È più facile abbracciare il punto di vista di chi, relativizzando l’Olocausto, paragona Putin ad Adolf Hitler, e la sua guerra in Ucraina a una “guerra di annientamento” (come ha fatto Berthold Kohler, direttore della Frankfurter Allgemeine Zeitung); una prospettiva secondo cui la Russia progetta d’invadere l’Europa; e secondo cui, a meno che l’Europa non diventi “pronta alla guerra” e “preparata a una guerra con Mosca” entro il 2029, trasformandosi a sua volta in uno stato autoritario militarizzato, la Russia conquisterà la Polonia e marcerà verso Berlino, come profetizza la ministra degli esteri tedesca dei Verdi Annalena Baerbock.
Dicono: siamo contro l’estrema destra, l’estrema destra è contro l’Unione europea, quindi siamo per l’Unione europea
I liberal convinti che la Russia, nonostante il suo maldestro sforzo bellico in Ucraina, sarebbe così forte da attaccare la Nato e conquistare l’Unione europea sono gli stessi che continuavano a dire che Mosca era sul punto di crollare e che la vittoria dell’Ucraina nella guerra era inevitabile: servivano solo un altro carico di armi occidentali, un altro po’ di reclutamento di massa sotto la minaccia delle armi e un incentivo economico per spingere i giovani della classe lavoratrice ucraina ad arruolarsi.
Ma torniamo alle interpretazioni. Qualcuno propone una “analisi” del cambiamento nella politica estera statunitense da Joe Biden a Trump e dello scontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj in termini di ideologia personale, volontà individuale e perfino personalità irrazionali, caratterizzate da testardaggine infantile, vanità narcisistica ed egoismo.
Katrin Eigendorf, corrispondente di guerra dall’Europa orientale per la tv pubblica tedesca Zdf, ha dichiarato che “raramente Trump e il suo vice J.D. Vance hanno mostrato così chiaramente chi è loro amico e chi è loro nemico”. Secondo Eigendorf, “il presidente statunitense è un uomo di Putin che adotta le sue menzogne”. Queste letture sono rivisitazioni intellettualmente insulse della teoria storiografica ottocentesca del “grande uomo”.
Quindi, a che punto siamo dopo lo scontro inscenato alla Casa Bianca tra il duo Trump-Vance e Zelenskyj ? In quella circostanza, Trump ha assecondato i sostenitori del suo slogan Make America great again e più in generale gli statunitensi, mentre Zelenskyj ha accontentato la sua base ultranazionalista, e soprattutto gli europei, spingendoli a voler prolungare questa disperata guerra per procura attraverso il reclutamento coatto della classe lavoratrice ucraina, mandata a un insensato massacro insieme a quella russa.
Ma alcuni si sono rifiutati di vedere quello che Trump stava facendo. Le posizioni più grottesche hanno prontamente addossato la responsabilità delle pretese del presidente statunitense – cioè lo sfruttamento coloniale dell’Ucraina in questa congiuntura storica di rivalità internazionale, di formazione dello stato e di guerra – a Putin, il leader di un paese con un’economia pari a quella dell’Italia, che a loro dire “ha in pugno gli Stati Uniti”.
In altre parole, se da un punto di vista analitico i liberal offrono una lettura totalmente rovesciata del peso degli attori in campo, d’altra parte sul piano politico puntano il dito nella direzione sbagliata, e lo fanno con il riduzionismo binario più stupido. E, peggio ancora, insistono nonostante le prove schiaccianti che dimostrano il contrario. Per loro è un modo di non dover ammettere di essersi sbagliati, mentre migliaia di persone sono mandate al macello. Questo rifiuto è un modo per evitare di affrontare un ripensamento totale della loro formazione intellettuale, quindi un sovvertimento del modo in cui interpretano il mondo. Al contrario, i liberal di sinistra rincarano la dose. Pur essendo promotori della diversità e di un pensiero non binario, la loro tendenza più recente è una ridicola forma di riduzionismo binario. I liberal più critici nei confronti dello smantellamento delle politiche di diversità, equità e inclusione deciso da Trump, sono gli stessi che non riescono a vivere senza un mondo in cui è tutto bianco o tutto nero.
Questa non è né più né meno che un’infantilizzazione e una depoliticizzazione della politica, sganciata da un qualsiasi fondamento nella società. Funziona sulla base di una logica vecchia, quella per cui il nemico del mio nemico è il mio amico: noi siamo contro l’estrema destra, l’estrema destra è (o sembra essere) contro l’Unione europea, quindi siamo a favore dell’Unione europea. Noi siamo contro Trump, Trump – visto che lui e Biden hanno già vinto tutto quello che c’era da vincere, tranne una terza guerra mondiale nucleare – vuole dei negoziati per mettere fine a questa guerra impossibile da vincere, quindi siamo contro i negoziati.
E ora siamo anche pronti a mettere l’Unione europea nelle condizioni di sacrificare lo stato sociale e la democrazia europea sull’altare dei fabbricanti di armi. Entro la fine del decennio questo “liberalismo” ci porterà a essere governati non solo da Trump e da Giorgia Meloni, ma anche da altri estremisti di destra in Francia, nei Paesi Bassi e in Germania. ◆ fdl
Questo articolo è uscito sulla rivista statunitense Jacobin.
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Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati