In Italia i diritti dei figli di coppie dello stesso sesso hanno subìto un nuovo attacco. L’ultimo in ordine di tempo è arrivato con la decisione del governo guidato dalla leader di estrema destra Giorgia Meloni di bloccare, attraverso una circolare ministeriale, la trascrizione dei certificati di nascita esteri dei figli di coppie omosessuali, costringendo tutti i comuni italiani a sospendere l’iscrizione all’anagrafe di questi bambini. Richiesta estesa anche ai figli delle coppie di donne che ricorrono alla fecondazione eterologa all’estero, cioè alla donazione esterna di ovuli e spermatozoi. Milano era una delle poche città in Italia a riconoscere automaticamente la genitorialità alle coppie formate da donne. Il 18 marzo diverse associazioni lgbtq+, il Movimento 5 stelle e il Partito democratico sono scesi in piazza a Milano contro questa decisione. La manifestazione è stata indetta per protestare anche contro la risoluzione approvata il 14 marzo dalla commissione del senato italiano che si occupa di politiche europee, che ha espresso un parere negativo su una proposta di regolamento europeo per uniformare le procedure di riconoscimento dei figli in tutti gli stati dell’Unione europea.

Il certificato europeo di filiazione, proposto dalla Commissione europea, vuole fare in modo che tutti i paesi membri riconoscano automaticamente la genitorialità stabilita in un altro stato dell’Unione, compresa quella delle famiglie lgbtq+, dei figli adottati o dei figli nati con la gestazione per altri.

I partiti che sostengono il governo Meloni hanno la maggioranza nella commissione del senato che ha respinto il regolamento europeo. L’argomentazione è che “alcune delle disposizioni contenute” nella proposta europea, non rispettano “i princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità”: cioè sarebbero un’intromissione nella politica nazionale. La decisione della coalizione di destra è stata criticata dall’opposizione: “La maggioranza si è assunta ora la responsabilità di far sedere l’Italia con Polonia e Ungheria”, ha dichiarato Simona Malpezzi, capogruppo del Partito democratico al senato, sottolineando che la norma europea non tocca “affatto” le leggi e i regolamenti italiani. Secondo Malpezzi, la proposta mira a garantire che i bambini abbiano gli stessi diritti in tutti i paesi europei, “dando sempre la priorità a quelli dei minori”.

I senatori contrari al provvedimento hanno giustificato il loro voto affermando che queste iniziative comportano un riconoscimento implicito della gestazione per altri, illegale in Italia. “Bruxelles non può decidere per l’Italia. I bambini hanno bisogno di una madre e di un padre”, ha aggiunto il leader della Lega Matteo Salvini.

Un passo indietro

In questo clima anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha promesso che la questione diventerà una battaglia nazionale. “Questo a mio parere è un passo indietro evidente dal punto di vista politico e sociale, e mi metto nei panni di quei genitori che a Milano pensavano di poter contare su questa possibilità”, ha detto Sala.

La decisione della destra è stata accolta con favore dai movimenti pro-vita e contrari all’aborto. “Bene questi ‘no’”, ha detto Jacopo Cogne, portavoce dell’organizzazione Pro Vita e Famiglia. “Ora speriamo che il governo e il parlamento continuino in questa direzione, rendendo la maternità surrogata una pratica illegale in tutto il mondo”, ha aggiunto.

Non è la prima volta che si fanno passi indietro in Italia. Già a marzo del 2022, con il governo Draghi, Torino fu costretta dal prefetto a non registrare i figli delle coppie omosessuali. “È con grande amarezza che lo faccio, obbedire mi costa moltissimo”, disse all’epoca il sindaco della città, Stefano Lo Russo. ◆ fr

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati