I n una gelida notte del febbraio 2017, Arca e alcune stelle della moda sono entrate all’Home Sweet Home, un bar seminterrato nel quartiere Lower East side di New York. Nel locale c’erano studenti d’arte e clienti abituali, mentre un dj suonava del mediocre hip hop degli anni duemila. A un certo punto Arca ha preso il controllo della consolle. Nell’aria ha cominciato a diffondersi un certo senso di curiosità e attesa. La musicista ha inserito la sua chiavetta usb e ha cominciato a sorridere, mentre riempiva la stanza con schegge di elettronica dissonante. Pochi mesi dopo quei brani sarebbero finiti in un disco intitolato Arca.

Solo un paio di persone nella sala sapevano chi fosse veramente: all’epoca era conosciuta per lo più come una producer di musica elettronica sperimentale. Il suo relativo anonimato le permetteva di scatenarsi di fronte alla piccola folla dell’Home Sweet Home. I presenti sono entrati quasi subito in sintonia con i suoni percussivi che uscivano dalla sua usb, gridavano e ballavano.

Ana Cuba

Da allora Alejandra Ghersi è diventata un’artista, produttrice e cantante di fama mondiale, ma gli anni passati nei club sono stati fondamentali per costruire la sua identità. “Sulla pista da ballo sono libera”, racconta la musicista, nata in Venezuela, in una videochiamata dalla sua casa di Barcellona, in Spagna. Sulle labbra ha un rossetto color cremisi e porta un collare d’acciaio inossidabile. “Quando mi sono trasferita a New York, a 17 anni, ero repressa. Dentro di me c’erano un sacco di colori che tenevo nascosti”, ricorda.

Oggi il volume di Arca è al massimo. La sua produzione – un miscuglio grottesco di estestica cyberpunk e musica sperimentale – ha catturato l’attenzione dei ribelli della moda, della musica e dell’arte. Ha prodotto album di FKA twigs, Björk e Kanye West; ha fatto da modella per campagne di Bottega Veneta e Calvin Klein; ha sonorizzato l’ingresso del Museum of modern art (Moma) di New York usando l’intelligenza artificiale. Nel 2021 ha ricevuto le sue prime candidature ai Grammy awards e ai Latin Grammy awards, i più importanti premi della musica statunitense e latinoamericana.

Il suo ultimo sforzo è la serie Kick, un gioiello diviso in cinque album accompagnati da un complesso universo visivo tridimensionale, elaborato insieme all’artista Frederik Heyman. In questi dischi Arca ha mostrato il suo approccio più irriverente alla musica pop, e ha messo in discussione i confini del corpo, dell’identità migrante, del genere. Un’idea espressa, in parte, sfidando il confine tra carne e tecnologia. “Per me le storie più esaltanti da raccontare sono quelle che riguardano i confini”.

Durante una sua esibizione a New York era sui trampoli con zoccoli e artigli acrilici, e invitava gli spettatori a ballare con lei

Mentre spiega le motivazioni artistiche e filosofiche che stanno dietro al suo lavoro, Ghersi raggiunge un livello di astrazione che ricorda un racconto di Jorge Luis Borges. “Per me è importante non nascondere le differenze. E non vergognarsene”, aggiunge.

Pop e desolazione

Ghersi sognava di creare un lavoro concettuale come quello di Kick fin da quando era adolescente. È cresciuta tra gli Stati Uniti e Caracas. Da giovane suonava la gaita, un genere di musica folk venezuelana, e pezzi pop sintetici con il nome d’arte di Nuuro. Quando aveva 17 anni, cominciò a frequentare la New York university. I suoi primi ep, pubblicati nel 2012 con il nome di Arca, s’intitolavano Stretch 1 e Stretch 2 e prendevano spunto dalla club music e dall’hip hop per creare brani spiazzanti e cupi. Stretch 2 ha attirato l’attenzione del rapper Kanye West, che l’ha reclutata per lavorare ad alcuni brani del suo album Yeezus. Poi è stata la volta di qualche mixtape e di alcuni album – Xen, Mutant e Arca – che hanno messo in mostra le doti di Ghersi anche in veste solista.

Kick I, il primo album della serie pubblicata a partire dal giugno 2020, contiene canzoni grandiose e piene di desolazione, oltre che contributi della cantante islandese Björk, della popstar spagnola Rosalía, della rapper britannica Shygirl e della musicista scozzese Sophie, morta in un incidente nel febbraio 2021 e negli ultimi anni anche lei considerata uno dei nomi più innovativi del pop e dell’elettronica. Kick I ha suggerito le direzioni che Ghersi avrebbe esplorato nei successivi album della serie, dove ha continuato a scrivere melodie pop, mischiare sintetizzatori e frenetici suoni di batteria, e a reinventare generi latinoamericani come il reggaeton.

Gli album di Kick, il cui titolo fa riferimento ai calcetti di un feto dentro il ventre materno, s’ispirano a opere come L’anello del Nibelungo di Richard Wagner e Cremaster, una serie di lungometraggi dell’artista Matthew Barney. Ghersi dice che non esiste una gerarchia tra gli album e suggerisce di ascoltarli tutti in una volta, anche senza seguire l’ordine. In una delle nostre interviste, durante la quale indossava una semplice felpa grigia con il cappuccio, ha descritto Kick come una serie di “esercizi autosufficienti e mitici, capaci di creare un mondo autonomo”. Su un appendiabiti penzolava una borsetta Telfar color mostarda. A un certo punto il suo gatto, Lain, è entrato nell’inquadratura.

La resa dei conti

L’universo visivo di Kick, espresso anche nei video del brano Prada/Rakata e sulle copertine di ogni album, è una cupa distopia tecnologica, realizzata in 3d con immagini ravvicinate del corpo di Ghersi. Ci sono arti robotici, cavi elettrici, animali fantastici e riferimenti alla figura religiosa popolare venezuelana María Lionza, oltre che dipinti e calligrafie della stessa Ghersi. Questo universo si è sviluppato dal 2017 a oggi, un periodo in cui l’artista ha cominciato a identificarsi come donna trans non binaria. “Questa resa dei conti che avevo rimandato per tanto tempo si è presa tutta la mia energia”, racconta.

Alcuni dei nuovi brani di Arca si avventurano verso i margini estremi del pop mainstream, con cui Ghersi ha flirtato apertamente negli ultimi anni. Nel settembre 2021 ha pubblicato il remix del brano Rain on me di Lady Gaga, e uno dei pezzi di Kick II vede la partecipazione della cantante australiana Sia. “Non cerco mai di fare un brano che debba piacere per forza a tutti, non abbandono mai la sperimentazione”, dice. “È come creare un ponte tra persone che hanno diverse sensibilità estetiche o diverse origini. Gli permetto d’incontrarsi nello spazio condiviso del pop”.

Questo senso di comunione è al centro del lavoro di Ghersi, che dedica molto impegno a cancellare il confine tra spettatore e performer. La partecipazione degli spettatori è parte integrante dei suoi spettacoli dal vivo. Durante una serie di esibizioni allo Shed di Manhattan – un evento in tre serate chiamato Mutant; Faith – Arca era sui trampoli con degli zoccoli e degli artigli acrilici, e invitava gli spettatori a ballare con lei. Björk, che ha collaborato con Arca agli album Vulnicura e Utopia, è molto orgogliosa della sua amica. “Ha improvvisato da sola per ore, non ci sono state due serate uguali. Era vulnerabile e feroce”, ha scritto via email la cantante islandese. “È raro trovare un essere umano così dotato d’intelligenza emotiva, tecnica, doti da performer e cantante, umorismo, dolcezza e brutalità”.

Sulla copertina di Kick II, il secondo disco della serie, Ghersi indossa una specie di body nero stilizzato, con il reggiseno che la avvolge come una gabbia. Ha delle braccia robotiche che spuntano dalla schiena e cinture nere allacciate intorno alle cosce. Il suo mignolo destro si allunga nella carne di un altro corpo capovolto, attaccato a un dispositivo che ricorda una mungitrice. Anche le copertine degli altri dischi hanno un’estetica simile: il suo corpo incontra aberrazioni meccaniche. Un braccio si trasforma in una mitragliatrice, fili elettrici sono attaccati ai suoi capezzoli.

“Lavorare sull’intreccio tra corpo e tecnologia mi ha sempre incuriosito”, dice Ghersi, che racconta il suo amore per gli anime giapponesi, i videogiochi come Final fantasy e la fantascienza della scrittrice Ursula K. Le Guin.

Biografia

1989 Nasce a Caracas, in Venezuela. I genitori la chiamano Alejandro.

1992 Si trasferisce con la famiglia a Darien, nel Connecticut, per poi tornare a Caracas sei anni dopo.

2006 Pubblica il suo primo album con il nome d’arte Nuuro.

2012 Esce Barón libre, il primo ep come Arca.

2013 Collabora con Kanye West alla produzione dell’abum Yeezus.◆ 2018 Dichiara di identificarsi come donna trans e cambia il suo nome in Alejandra.


Per realizzare il progetto grafico della serie Kick ci è voluto più di un anno. “Lavoro solo in ambienti modificati digitalmente e fotorealistici”, spiega Heyman in un’email. “Volevamo che Arca trascendesse il mondo fisico ed entrasse in un ambiente digitale esteso”.

La musica elettronica è stata a lungo un universo ideale per gli artisti e gli ascoltatori queer e trans. E per diverso tempo giornaliste femministe, studiosi e performer come Donna Haraway, Stelarc e Sasha Geffen si sono interrogate sulla figura del cyborg e sulla sua capacità di liberare il corpo dalle trappole dei generi. “C’è tanto scetticismo e cinismo nei confronti di un corpo modificato”, dice Ghersi. “Come se la trasformazione fosse una cosa di cui doversi vergognare”.

La vergogna è un sentimento con cui Ghersi ha vissuto a lungo. Nel periodo trascorso tra l’uscita di Arca e quella di Kick I si è sentita paralizzata, perfino amareggiata, e ha sperimentato la disforia di genere (la sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso).

“Ero bloccata dal dolore, non permettevo a me stessa di provare rabbia”, racconta. “Dopo che si sono provati sia il dolore sia la rabbia, è possibile tornare a terra e vedere la bellezza della vita”. In tutta la serie di Kick Ghersi celebra quelle emozioni. Alien inside, un pezzo lento con una chitarra elettrica forsennata interpretato dalla cantante dei Garbage Shirley Manson, recita: “Ricorda lo scintillio celeste post-umano / una fede mutante / la tua dignità”. Secondo Ghersi l’espressione “fede mutante” è un invito a credere nella diversità: “Una fede nei mutanti, negli emarginati, nei freak, nei migranti. Un appello spirituale intersezionale”.

Futurismo trans

Questa filosofia artistica riguarda anche la lingua. Nei dischi di Kick Ghersi canta sia in inglese sia in spagnolo. Nell’album del 2017 invece aveva usato solo lo spagnolo. L’aveva fatto “per indicare la lingua che sentivo più intima”. Tornando allo spagnolo, intrecciando trame reggaeton e folclore venezuelano, e rivelando le possibilità del postumanesimo, Ghersi evoca un suo peculiare tipo di futurismo transmigrante.

“Credo che l’identità non sia una fotografia, ma una cosa in grado di cambiare nel tempo”, dice la musicista. “Penso che la comunità latinoamericana sia così. Continuerà a cambiare per sempre. Proprio come, almeno spero, la comunità queer”. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1443 di Internazionale, a pagina 68. Compra questo numero | Abbonati