Dopo più di un secolo vissuto nella foresta pluviale, Varî Vāti Marubo cammina aiutandosi con un bastone e, come ha sempre fatto, a piedi nudi. Quando quest’anno i marubo, la tribù indigena a cui appartiene, hanno deciso di radunarsi in un villaggio lontano una ventina di chilometri dal suo, in mezzo a torrenti, rami caduti e una fitta foresta, tutti sapevano che per lei sarebbe stato difficile partecipare.

Varî Vāti Marubo, però, affronta gli elementi, come ha fatto per tutta la vita. Si fa dare un passaggio sull’unico mezzo di trasporto disponibile: la schiena di suo figlio, Tama Txano Marubo (tutti i marubo usano lo stesso cognome). “Stai attento!”, gli strilla mentre lui si arrampica su un terrapieno fangoso con un machete in mano. Il peso della donna poggia su una striscia di tessuto tesa attorno alla fronte del figlio. “Chiamate un camion per venirmi a prendere!”, urla ai parenti che ridono. “Questo è troppo”. In realtà se la cava benissimo.

Oltre a essere la persona più vecchia tra le circa duemila appartenenti alla tribù dei marubo, Varî Vāti è probabilmente una delle più anziane nel cuore della foresta amazzonica.

Il suo documento governativo ufficiale, basato su una stima fatta da un antropologo, dice che questo mese compirà 107 anni, anche se i suoi familiari pensano che siano di più. Per alcuni Maribo Varî Vāti ha superato i 120 anni.

Secondo documenti ufficiali, al momento della sua morte nel 2022 Maria Lucimar Pereira Kaxinawá, una donna del popolo confinante degli huni kuin, aveva 131 anni. Se fosse vero, era la persona più anziana del mondo. I ricercatori hanno attribuito la longevità di alcune popolazioni indigene dell’Amazzonia, un ambiente a volte particolarmente difficile, alla loro vita attiva e a una dieta piuttosto sana.

Varî Vāti fa parte di un gruppo di anziani indigeni che hanno contribuito a preservare la cultura e le tradizioni del loro popolo nonostante i grandi cambiamenti dentro e fuori del loro ambiente. Nell’ultimo secolo molti di loro hanno sperimentato contatti inediti con il mondo esterno e le sue tecnologie, ma hanno anche fatto i conti con la devastazione della foresta. Le abitudini quotidiane delle donne mostrano in che modo alcune comunità indigene conservano la memoria dei loro antenati.

Varî Vāti ha passato la vita in uno degli angoli più isolati del pianeta, circondata da chilometri e chilometri di foresta in ogni direzione. Ha dormito in un’amaca all’interno di una maloca, una capanna alta quindici metri in cui i marubo cucinano, mangiano e dormono insieme. Ha realizzato monili e vestiti usando materiali trovati nella natura: cotone, semi e denti degli animali. E ha cucinato piatti tradizionali sul fuoco: porridge di banana, lucertola arrosto e uova di pesce avvolte in foglie di banano.

Tutto sta cambiando

Varî Vāti si ricorda che quando era piccola alla sola vista di un bianco il suo popolo fuggiva. Oggi, però, sempre di più i marubo scelgono di vivere fuori dalla foresta. Parlano e studiano il portoghese, e alcuni sono diventati avvocati e ingegneri, attivisti e professori. L’ultima generazione, connessa a internet nei villaggi più remoti grazie al servizio Starlink di Elon Musk, è attiva anche su TikTok.

“Abbiamo sempre mantenuto le nostre tradizioni. Ora però vedo che tutto sta cambiando”, nota Varî Vāti nella sua lingua nativa, parlata da poche migliaia di persone. “Molti giovani hanno dimenticato la saggezza degli anziani”. Dice di capire il bisogno di cercare nuovi saperi, ma teme che spostarsi in città possa cancellare la cultura elaborata nei villaggi della sua tribù. “Adoro stare in mezzo agli alberi, in pace e in armonia. Svegliarmi con la brezza dell’alba, catturare il pesce saporito. Tutto questo mi fa sentire viva”, commenta.

Varî Vāti è una presenza tranquilla. Si muove lentamente e ascolta con attenzione. Indossa abiti a fiori e strati di monili realizzati con noci di cocco e gusci di lumache, alcuni avvolti attorno alle orecchie e agganciati a un piercing sul setto nasale. I suoi capelli sono spessi e solo in parte grigi. La sua età precisa non è nota perché i gruppi indigeni di questa regione non avevano l’abitudine di contare gli anni, perciò per stimare quanto qualcuno è vissuto spesso servono degli indizi. Uno dei ricordi più precisi che Varî Vāti ha della sua infanzia è una visita a un insediamento di bianchi, Cruzeiro do Sul. “Non c’erano molte case”, racconta. “C’erano molti alberi”. Cruzeiro do Sul, che oggi ha 92mila abitanti, fu fondata nel 1904 e le foto di quel periodo corrispondono alle sue descrizioni.

I marubo hanno avuto i primi contatti con persone esterne alla fine dell’ottocento, quando i raccoglitori di gomma si spinsero nella parte dell’Amazzonia brasiliana in cui viveva la tribù, vicino al confine con il Perù. “Quando vedevamo un bianco avevamo paura”, racconta la donna. “Le nostre medicine curavano solo le nostre malattie, non quelle sconosciute che venivano da fuori”.

Molti marubo sono morti a causa delle malattie e delle violenze. Varî Vāti probabilmente aveva circa vent’anni durante la seconda guerra mondiale, ma quando glielo chiedo risponde di non averne mai sentito parlare. “L’unica guerra a cui ho assistito è stata quella dei peruviani contro i popoli indigeni”.

È figlia di un capo marubo, si è sposata tre volte e ha avuto nove figli, il più anziano oggi dovrebbe avere quasi novant’anni. Il suo primo marito la lasciò. Il secondo, raccontano i suoi familiari, fu ucciso. E il terzo in seguito ha sposato una nipote di Varî Vāti e oggi vive in un altro villaggio (nella cultura marubo gli uomini possono sposare diverse donne mentre le donne un solo uomo).

In un villaggio marubo ciascun abitante ha compiti diversi: coltivare la terra, cacciare, cucinare e pulire. Si mangia insieme dalle stesse ciotole.

Ci sono anche dei ruoli, e privilegi, legati al genere. Gli uomini cacciano e le donne cucinano. Gli uomini mangiano con forchette e cucchiai a un capo della maloca, seduti su ciocchi di legno. Le donne mangiano con le mani dall’altra parte della capanna, sedute su tappeti tessuti con foglie di palma. Gli uomini prendono l’ayahuasca, una bevanda psichedelica estratta da una pianta, per entrare in connessione con gli spiriti. Le donne non possono farlo. Diverse marubo si lamentano di queste disparità. Varî Vāti dice che è così che va la vita. Nonostante questo, di recente la tribù ha eletto per la prima volta una donna tra i capi e sta mettendo in piedi la sua prima associazione femminile.

All’incontro di quest’anno, con la comunità riunita per risolvere i problemi e discutere di nuovi progetti, Varî Vāti prende la parola. “Non dobbiamo concentrarci sul conflitto o sull’odio, ma sul bene collettivo, su come vivere in pace e armonia”, afferma, appoggiandosi al figlio. “Siamo indigeni. Non possiamo vivere come gli altri”. Si dice felice di aver avuto la possibilità di rivolgersi alla tribù. “Non ci sarò per sempre”, continua. “E ho paura che in futuro vi perderete”.

La donna conserva i saperi più profondi della comunità a proposito di cucina, erbe medicinali, tessitura del cotone e pittura sul corpo, spiega sua nuora, Raimunda. “Questi anziani sono la biblioteca della foresta. Quando muoiono, se ne va anche parte del loro sapere, perché non è facile tramandarlo”.

Dopo l’incontro Varî Vāti e i familiari si fermano per riposarsi. Lei si siede su un ciocco di legno e si accuccia, reggendosi la testa con la mano. Scaccia le mosche che svolazzano intorno a un taglio che ha sul piede. Il figlio Sebastião, che passa parte del suo tempo in città, cerca di convincere la madre a prendersi più cura di se stessa, a indossare dei sandali e a prendere le medicine occidentali. Ma lei fa resistenza, racconta Sebastião. “Mi dice sempre: ‘Gli spiriti della foresta si prendono cura di noi. Non abbiamo niente da temere’”. ◆ gim

Biografia

1917 Nasce nella foresta amazzonica, in Brasile. La data è frutto di una stima del governo brasiliano. Secondo altre stime potrebbe essere nata nel 1904.
1934 Nel corso del terzo matrimonio nasce il suo nono figlio, ancora in vita.
2024 Prende per la prima volta la parola a una riunione della sua tribù, un’occasione in cui fino a qualche anno fa solo agli uomini era permesso intervenire.


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Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati