L’Honduras si prepara a cambiare rotta. Se non ci saranno colpi di scena, il paese centroamericano, il più povero del continente dopo Haiti, avrà una presidente e un governo di sinistra. I dati provvisori delle elezioni del 29 novembre assegnano a Xiomara Castro, del Partido libertad y refundación (Libre), una vittoria netta, con un vantaggio di più di 20 punti percentuali sul candidato conservatore Nasry Asfura. L’affluenza è stata alta, superiore al 68 per cento. Nel primo discorso dopo la vittoria Castro, 62 anni, ha parlato della notte del giugno del 2009, quando il marito ed ex presidente Manuel Zelaya fu vittima di un colpo di stato e costretto per la fretta a lasciare il paese in pigiama. Castro ha dedicato il trionfo “ai martiri che sono morti affinché il popolo avesse libertà, democrazia e giustizia”, riferendosi agli attacchi dell’esercito e della polizia contro il suo movimento. “Dio arriva tardi, ma non dimentica”. Castro, che ha il sostegno degli abitanti delle campagne e delle classi medie, ha detto di essere stanca della corruzione e dei legami delle istituzioni con il narcotraffico, in cui è coinvolto anche il presidente Juan Orlando Hernández.
Cambio di ruolo
Figlia di un proprietario terriero del dipartimento di Olancho, Castro si è fatta conoscere per la prima volta dagli honduregni nell’estate del 2009, quando si mobilitò per difendere il governo di suo marito, espulso dal paese e accusato di aver violato varie leggi. Fino a quel giorno si era limitata al ruolo assegnato in America Latina alla moglie del presidente: sorridere, inaugurare ospedali e visitare le famiglie povere, che in Honduras sono il 70 per cento della popolazione. Ma dopo la destituzione di Zelaya, ha cominciato un percorso politico che l’ha portata fino al risultato del 29 novembre. Nei giorni convulsi dopo il golpe, mentre Zelaya protestava dall’esilio, Castro aveva guidato la resistenza. In molte occasioni è stata umiliata dalle forze dell’ordine, che ha affrontato sempre in modo pacifico.
Tra le sue proposte c’è la legalizzazione dell’aborto se la gravidanza è il risultato di uno stupro, se la salute della donna è in pericolo o se il feto ha malformazioni gravi. L’Honduras è uno dei pochi paesi del mondo dove l’interruzione di gravidanza è assolutamente vietata. Castro vorrebbe anche far eleggere una nuova assemblea costituente. In campo economico le sue proposte sono vaghe: vanno dagli aiuti alle piccole imprese fino a un piano per sostenere i giovani e fermare le carovane di migranti che svuotano il paese di risorse umane. A livello internazionale il partito Libre fa parte del Foro de São Paulo, che riunisce formazioni e gruppi politici della sinistra latinoamericana. L’Honduras è uno dei pochi paesi del mondo che ha rapporti diplomatici con Taiwan e quindi non con la Cina. Castro tuttavia ha lasciato intendere che potrebbe aprire le porte a Pechino.
Il 27 gennaio la nuova presidente assumerà la guida di un paese socialmente diviso, che alla fine del 2020 è stato colpito dagli uragani Eta e Iota e dove il prezzo del gas, della benzina e dei prodotti alimentari di base continua ad aumentare. Da anni migliaia di giovani scappano per cercare una vita migliore negli Stati Uniti. Se la situazione non cambierà, secondo la Banca mondiale alla fine del 2021 nel paese centroamericano ci saranno 700mila nuovi poveri. Il disincanto collettivo convive con un brutale sistema neoliberista: gli omicidi degli attivisti per l’ambiente sono tra i più alti del mondo, la benzina e la corrente elettrica costano quasi come in Europa, le aziende estrattive devastano il territorio, e si costruiscono centrali idroelettriche controllate dagli stessi deputati che danno le concessioni. Castro si affida a una squadra di persone che collaborava con Zelaya, di cui fanno parte nostalgici del castrismo e “funzionari capaci di negoziare con il Fondo monetario internazionale”, spiega una fonte vicina alla presidente.
Il grande sconfitto delle elezioni è il presidente uscente, il conservatore Juan Orlando Hernández. Anche se non è coinvolto in nessun processo, il suo nome compare 104 volte nella sentenza contro il fratello Tony, condannato a 25 anni di carcere per traffico di droga. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati