Da anni ormai niente simboleggia il declino di Roma più della sua crisi dei rifiuti. Uno zoo di cinghiali, gabbiani aggressivi e topi si riunisce per banchettare sulla spazzatura che trabocca dai cassonetti della capitale. All’inizio di quest’estate una serie di roghi nelle discariche e di cassonetti dati alle fiamme ha oscurato il cielo, appestato l’aria e sollevato il dubbio che si trattasse di incendi dolosi appiccati dalla criminalità organizzata. Poi, quando sembrava che il fetore della spazzatura non potesse peggiorare oltre, le polemiche sulla costruzione di un inceneritore sono diventate uno dei motivi di un scontro politico che a luglio ha fatto cadere il governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi.
La chiusura di Malagrotta
Il giorno dell’ammutinamento, mentre assisteva al dramma politico in corso dal suo ufficio affacciato sul foro romano, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri sembrava sconcertato dal ruolo che lui e il problema della spazzatura in città avevano avuto nell’inaspettata caduta del governo. “Ufficialmente è colpa mia”, dice. Ma almeno Gualtieri, un veterano della sinistra, è uscito dalle macerie con l’autorità per accelerare la costruzione di un inceneritore da circa seicento milioni di euro, che spera gli permetterà di riuscire dove altri hanno fallito. “Non è astrofisica”, dice. “È spazzatura”. Ma i rifiuti, e il degrado che simboleggiano, è un problema da non prendere alla leggera. Anche in una città dove gli autobus prendono fuoco, con buche profonde come pozzi d’acqua e che subisce una miriade di umiliazioni, la spazzatura è diventata il vero metro del declino.
Da quando nel 2013 è stata chiusa la discarica di Malagrotta, tra le più grandi d’Europa, considerata un pericolo per l’ambiente, la spazzatura ha travolto due sindaci, tra cui Virginia Raggi, del Movimento 5 stelle, il partito che ha fatto cadere il governo. Nel 2018 la procura di Roma aveva commissariato la gestione della discarica di Malagrotta – di proprietà di un uomo d’affari soprannominato Er monnezza – per non aver impedito la fuoriuscita di sostanze inquinanti. I rifiuti non venivano scaricati lì da anni, ma l’impianto di trattamento era ancora usato per lavorare fino a 1.500 tonnellate di materiali al giorno, prima che fossero spediti altrove. Almeno fino a quando la discarica non è andata in fiamme quest’estate. “Un enorme pennacchio, grigio”, dice Luigi Palumbo, nominato dal tribunale commissario per la gestione di Malagrotta, ricordando l’incendio e la nuvola di fumo che hanno costretto a chiudere le scuole materne e i campi estivi nelle vicinanze e hanno invaso alcune zone del centro di Roma con il loro odore acre.
“Non si sa da dove sia partito l’incendio”, dice avvicinandosi all’impianto, che ha il cemento bruciacchiato e i pannelli di alluminio fuso stesi sopra l’edificio come tappeti appesi ad asciugare. Guarda un mucchio di spazzatura che prima era all’interno: migliaia di sacchetti di plastica bruciati, casse di frutta in plastica fuse, pezzi di stoffa, pneumatici e lattine. Materiale sequestrato come prova, ma nessuno sa esattamente di che cosa.
Incendi in serie
Il rogo di Malagrotta non è un incidente isolato, fa parte di una serie di incendi di rifiuti scoppiati in giro per la città quest’estate. Gualtieri evita di parlare della teoria secondo cui “c’è una congiura” per fermare lui e il termovalorizzatore, per mantenere in piedi un sistema in cui una miriade di personaggi, alcuni dei quali misteriosi, hanno approfittato della crisi dei rifiuti di Roma. Ma dice: “Esiste questa possibilità, come è possibile che tutto questo succeda proprio mentre cerchiamo di …”. E si ferma.
Gualtieri spiega che c’è un rapporto di lunga data tra la gestione dei rifiuti e le organizzazioni criminali. Gli esperti hanno stabilito che non si è trattato di autocombustione, dice, “quindi c’è stata la mano di qualcuno”. E questo rende ancora più grave il problema di smaltimento dei rifiuti della capitale. Ora Roma deve spedire la sua spazzatura altrove, causando quello che Gualtieri definisce un drenaggio delle sue risorse e un contributo all’inquinamento, forse anche favorendo gli interessi della criminalità che sfrutta questa paralisi igienico-sanitaria. Mentre la procura di Roma indaga sugli incendi, la più grande sfida per ripulire Roma potrebbe essere rappresentata proprio dalla città. I romani si sentono “poco responsabili nei confronti della gestione della spazzatura, perché hanno sempre pensato che tutto ciò che è pubblico, in quanto tale, non appartiene a nessuno”, dice Paola Ficco, un’avvocata ambientalista che dirige Rifiuti, una rivista sulle leggi in materia di smaltimento. “E dimenticano che, essendo pubblico, è di tutti”. Intanto, aggiunge, Roma è diventata un disastro, con l’erba alta e la spazzatura ovunque: “È una giungla, mancano solo i boa constrictor e poi abbiamo tutto”.
Gualtieri, anche lui romano, riconosce che gli abitanti della sua città hanno tratti caratteriali unici. Tendono ad avere “comportamenti poco civili”, dice, quando si tratta di smaltire i rifiuti. I ristoranti spesso riempiono i bidoni riservati al pubblico, e i cittadini quando trovano i cassonetti strabordanti tendono a metterci sopra i sacchetti in equilibrio precario oppure a depositarli ai lati, formando mucchi di rifiuti che attirano ogni sorta di animali. Ma anche se la discarica rimarrà fuori servizio, il sindaco è convinto che il nuovo inceneritore, la cui costruzione dovrebbe cominciare l’anno prossimo, e l’introduzione di multe più severe incoraggeranno comportamenti più civili. Nel nuovo contesto, dice, i romani diventeranno “più responsabili e faranno la loro parte, dando il meglio e non il peggio”.
Quando era ministro dell’economia ha contribuito a ottenere per l’Italia miliardi di euro in fondi dell’Unione europea. Una parte significativa è per Roma e per gli impianti del piano rifiuti della città. Inoltre, spiega Gualtieri, il governo italiano ha stanziato 1,4 miliardi di euro per accogliere i pellegrini che nel 2025 visiteranno la città e il Vaticano durante l’anno santo . Ne parla come se fosse un affare fatto. Inoltre ha coinvolto degli investitori privati per finanziare l’inceneritore.
La spazzatura è diventata il metro per misurare il declino della città
“Il problema non sono i soldi”, dice. È il sistema. Il sindaco ha presentato un programma di riorganizzazione dell’Ama, l’azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti solidi a Roma e di cui il comune è l’unico azionista. Gualtieri afferma che nelle precedenti giunte l’azienda ha cambiato amministratore delegato cinque volte in sette anni, è stata riempita di raccomandati e ha impegnato la maggior parte delle sue risorse in settori della raccolta rifiuti in cui non servivano.
Lo scorso inverno ha pagato un bonus ai dipendenti solo per presentarsi al lavoro durante il periodo natalizio. “Ma stiamo scherzando?”, dice. “Questo dovrebbe essere studiato all’università tra le cose da non fare”.
La nuova età dell’oro
La ristrutturazione dell’Ama fa parte del piano del sindaco in tre fasi per ripulire la città. Entro la fine del 2022 saranno assunte circa 650 persone e saranno presi provvedimenti contro l’esercito dei fannulloni. Si stanno facendo migliaia di controlli sui dipendenti che regolarmente presentano dei certificati medici e si mettono in malattia. “Si vedono persone guarire”, ha detto il sindaco riferendosi ai controlli a campione. “Dei miracoli”. La seconda fase prevede la sistemazione entro due anni di nuovi cassonetti. La terza fase comincerà nel 2025, verso la fine del suo mandato, quando dovrebbe essere avviato l’inceneritore.
Durante la campagna elettorale per essere eletto sindaco, Gualtieri non pensava che un impianto del genere sarebbe stato necessario, e ha aggiunto che avrebbe migliorato le cose entro Natale. Solo dopo ha capito la realtà sbalorditiva della spazzatura a Roma.
I suoi avversari, primo tra tutti il Movimento 5 stelle, che per motivi d’impatto ambientale si è opposto all’impianto, considerano il sindaco un ipocrita. Ma Gualtieri dice che quando le vacanze estive finiranno e la città si riempirà di romani e della loro spazzatura, l’inceneritore migliorerà l’ambiente e sarà un incentivo per la città. Roma, insiste, è sull’orlo di una nuova età dell’oro.“Perché”, ha detto anticipando il naturale scetticismo dei romani e definendo la città un bene sottovalutato,“ha un grande margine di miglioramento”. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati