Come previsto dai sondaggi, l’estrema destra ha ottenuto un ottimo risultato alle elezioni europee del 9 giugno, in particolare in Germania e Francia, paesi che forniscono i due principali gruppi di eurodeputati, rispettivamente 96 e 81 sui 720 del parlamento di Strasburgo. Tuttavia le forze di estrema destra rimangono molto lontane dal rappresentare la maggioranza dell’assemblea. La coalizione che ha sostenuto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e che riunisce i conservatori del Partito popolare europeo (Ppe), i socialisti e i liberali di Renew Europe, rimane infatti saldamente maggioritaria, con 403 seggi su 720. Il suo margine sulla maggioranza semplice, che è di 361 eurodeputati, si è però ridotto da 64 a 39 seggi, perché se il Ppe è cresciuto e i socialisti sono rimasti sostanzialmente stabili, il gruppo Renew è uscito molto indebolito dalle urne.

Se analizziamo la situazione paese per paese, il quadro complessivo è preoccupante. In Germania l’estrema destra nostalgica del nazismo dell’Alternative für Deutschland (Afd) è diventata la seconda forza del paese. In Francia il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen è passato da 18 a 30 eurodeputati e Reconquête (il partito di estrema destra di Eric Zemmour) da uno a cinque deputati. In altre parole in Francia l’estrema destra ha conquistato 35 seggi su 81. In Italia Fratelli d’Italia ha confermato il suo buon momento, ottenendo 24 seggi (14 in più della scorsa legislatura), mentre la Lega di Matteo Salvini ne ha conquistati appena otto contro i 22 del 2019.

Due strategie

In Spagna Vox è passato da quattro a sei deputati, gli stessi ottenuti dall’estrema destra polacca di Konfederacja. Nei Paesi Bassi il Partito per la libertà (Pvv) di Geert Wilders, anche se superato dalla Sinistra verde, è comunque passato da zero a sei seggi. In Austria l’Fpö è diventato il primo partitoe, e anche l’estrema destra portoghese di Chega ha fatto il suo ingresso al parlamento europeo. In Belgio i neofascisti del Vlaams belang sono stati i più votati alle europee, mentre in Croazia il partito di estrema destra Movimento patriottico (che governa insieme ai conservatori dell’Hdz) ha ottenuto quasi il 9 per cento e il suo primo seggio a Strasburgo.

Le uniche notizie positive arrivano dai paesi dell’Europa del nord, dove le destre radicali arretrano pur mantenendo stabile la loro presenza a Strasburgo, e soprattutto dalla Slovacchia e dall’Ungheria. Lo Smer del primo ministro slovacco Robert Fico, un partito formalmente socialista ma ormai allineato alla destra populista, è stato sconfitto dai liberali di Slovacchia progressista della presidente della repubblica Zuzana Čaputová. Al terzo posto, invece, c’è una formazione di estrema destra, Republika, che ha preso il 12,5 per cento. In Ungheria Fidesz, il partito del primo ministro filorusso Viktor Orbán, ha perso quasi otto punti percentuali, anche se, con il 44,9 per cento dei consensi, rimane saldamente la prima forza nazionale. Il vero vincitore del voto ungherese è però il Partito del rispetto e della libertà (Tisza, vicino al Ppe), fondato da un dissidente di Fidesz europeista e non esplicitamente filorusso, che ha ottenuto quasi il 30 per cento e sette seggi.

Anche se abbiamo un’idea abbastanza chiara della composizione del Ppe, che rimane il primo partito a Strasburgo con 189 deputati, e del gruppo dei socialisti, secondi con 135 seggi, solo nelle prossime settimane sapremo con esattezza quali partiti faranno parte del gruppo Renew Europe, dei Riformisti e conservatori europei (Ecr, sovranisti euroscettici, a cui appartengono i polacchi di Diritto e giustizia, Fratelli d’Italia e il francese Reconquête) e di Identità e democrazia (Id, estrema destra, di cui fanno parte l’Rn, la Lega, l’Fpö e il Pvv).

Il nuovo parlamento
I seggi del parlamento europeo che rimarrà in carica fino al 2029 (Fonte: europarl.europa.eu)

Da una parte Fratelli d’Italia potrebbe essere tentato da un’alleanza con i popolari, inoltre ci sono circa cento eurodeputati (tra cui quelli dell’Afd, di recente escluso da Id, e di Fidesz) che per ora non fanno parte di nessuno schieramento ma che sicuramente andranno in gran parte a ingrossare le file di Ecr e Id.

Distanti su diverse questioni, tra cui i rapporti con la Russia, questi due gruppi non dovrebbero unirsi in un solo schieramento, anche se questo rimane il sogno di Marine Le Pen. Se dovesse succedere, l’estrema destra diventerebbe il primo gruppo dell’europarlamento. Gli equilibri a Strasburgo potrebbero ulteriormente cambiare in caso di una vittoria dell’Rn alle elezioni legislative anticipate in programma il 30 giugno in Francia.

Questa crescita delle destre radicali avrà sicuramente un peso nella scelta del prossimo presidente della Commissione europea, che sarà nominato dai capi di stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione nella riunione del 27 e 28 giugno. Il candidato che sarà scelto a luglio dovrà ottenere l’approvazione della maggioranza assoluta del parlamento europeo nel corso di un voto a scrutinio segreto. A questo proposito va ricordato che nel 2019 la conservatrice tedesca Ursula von der Leyen era stata eletta con una maggioranza di appena nove voti, a causa dei franchi tiratori della coalizione tra conservatori, socialisti e liberali.

Se i ventisette dovessero designarla di nuovo, von der Leyen dovrà essere certa di avere la maggioranza. Per questo potrebbe essere tentata di avvicinarsi alla destra radicale, in particolare sui temi dell’ambiente e dell’immigrazione, cosa che però creerebbe inevitabilmente dei contrasti con Renew e i socialisti.

La sera del voto Ursula von der Leyen ha promesso di voler costruire “un argine contro le forze estremiste di sinistra e di destra”, ma senza precisare cosa intendesse per “estremiste”. Il “cordone sanitario” ora in vigore al parlamento europeo, infatti, riguarda solo il gruppo Id e non l’Ecr. D’altra parte la presidente uscente della Commissione potrebbe anche essere tentata di non dare soddisfazione alla destra, soprattutto sul green deal, sperando nel sostegno degli ambientalisti per controbilanciare un’eventuale perdita di voti dal Ppe. Due strategie rischiose, che potrebbero spingere i leader europei a scegliere un candidato meno divisivo. Insomma, oltre alla Francia anche l’Europa è entrata in terra incognita. ◆ adr

Da Vienna

◆ Con il voto europeo del 9 giugno 2024 in Austria i populisti ed euroscettici di destra della Freiheitliche partei Österreichs (Fpö) si sono affermati per la prima volta come partito principale in un’elezione nazionale. La Fpö ha ottenuto il 25,4 per cento dei consensi. I popolari dell’Övp e i socialdemocratici dell’Spö si sono fermati rispettivamente al 24,5 e al 23,2 per cento. La vittoria dell’Fpö, insieme all’affermazione del Rassemblement national in Francia, al rafforzamento dell’Afd in Germania e alla conferma di Fratelli d’Italia, scrive il quotidiano Die Presse, “è uno shock per tutti gli europeisti che cercano soluzioni comuni ai problemi. Con partiti come la Fpö non è possibile gestire alcuna grande crisi. Non accettano la solidarietà tra paesi dell’Unione, sia quando si tratta dei rapporti con la Russia sia quando si parla di clima, immigrazione o conflitti commerciali con la Cina e gli Stati Uniti”.


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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati