Dawn Dorland è una scrittrice che non è ancora riuscita a pubblicare nulla. Un giorno annuncia su Facebook un gesto tanto generoso quanto eclatante: donerà uno dei suoi reni al primo sconosciuto sulla lista dei riceventi. Quasi tutti i suoi amici rispondono al post con calore e ammirazione, ma Dorland nota che i suoi colleghi scrittori non hanno messo nemmeno un like. Rimane delusa soprattutto dal silenzio della sua amica Sonya Larson, una scrittrice sinoamericana, che come Dawn non ha ancora scritto un libro ma che è riuscita a pubblicare qualche racconto qua e là su riviste minori. Larson in realtà, nel silenzio social, segue la storia del rene di Dorland e ne trae ispirazione per scrivere un racconto. Dawn Dorland si sente derubata di una vicenda personale, quindi denuncia Larson per plagio. Sonya risponde con controdenunce per diffamazione e accusa Dorland, donna bianca, di voler fare a tutti costi la parte della salvatrice e di fare appropriazione culturale. Un conflitto nel quale è impossibile schierarsi, che racconta della nostra miseria di fronte alle vanità e alle aspirazioni fomentate dai social network. The bad art friend è un lungo articolo del New York Times che, inaspettatamente, è diventato uno di quelli più letti e discussi degli ultimi anni ed è disponibile anche in forma audio, letto dall’attrice Samantha Desz.
Jonathan Zenti
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Questo articolo è uscito sul numero 1431 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati