Nel marzo del 1969 un gruppo di trecento donne si riunisce all’interno della chiesa metodista di Washington square, a New York. All’entrata è richiesta una piccola donazione, che andrà a finanziare il Redstockings, un gruppo femminista. Circa un mese prima alcune donne si erano ritrovate alla commissione giustizia e salute pubblica durante il dibattito su una riforma della legge contro l’interruzione di gravidanza: avevano chiesto formalmente di poter essere ascoltate, ma gli era stato negato il diritto di parola. Quindi decidono di riunirsi nella chiesa metodista per raccontare davanti a un pubblico e a un registratore a bobine la loro esperienza diretta con l’aborto. Nel podcast The last archive la storica Jill Lepore cerca il momento in cui in una ricostruzione storica si è persa la verità originaria. In questo episodio racconta come da quella prima riunione a Washington square sia nata da un lato la National women’s conference del 1977, un punto di svolta per la storia del femminismo statunitense, sia il movimento conservatore antiabortista. Da decenni entrambi gli orientamenti hanno in comune l’uso strumentale del “racconto dell’esperienza subita” da chi ha scelto di abortire, sfruttato per chiedere leggi che possano orientare, in una direzione o nell’altra, il controllo istituzionale del corpo femminile.
Jonathan Zenti
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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati