Mariana è una città sulla costa sudorientale del Brasile. Già nel 1600 i navigatori portoghesi colonizzarono l’area per costruire miniere d’oro, ma oggi il suo metallo più prezioso è il ferro. La Bhp, la più grande multinazionale australiana, si unisce con la sua concorrente Vale per formare la Sanmarco, una società brasiliana dedita all’estrazione del ferro da vendere sui mercati mondiali come materia prima, la cui lavorazione però produce enormi quantità di scorie e materiale inquinante. Per questo le viene concessa la costruzione di una diga ai piedi del paese Bento Rodrigues, che avrebbe dovuto raccogliere le acque di lavorazione. È un intervento considerato “a basso rischio”, ma diventa la causa di uno dei disastri industriali più gravi della storia. Il 5 novembre del 2015 la diga collassa: muoiono 19 persone; 668 chilometri di corsi d’acqua sono inquinati per un tempo indefinibile; l’acqua dei fiumi diventa inutilizzabile per milioni di persone, uccidendo 11 tonnellate di fauna ittica. La giornalista di origini brasiliane Liz Bonnin racconta questo disastro di cui si sa poco, partendo dal colonialismo fino alla causa tuttora in corso, per la quale 700mila persone hanno chiesto un risarcimento alle multinazionali colpevoli di aver accelerato la costruzione della diga e di aver sottovalutato i rischi. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati