Al secondo turno delle elezioni presidenziali guatemalteche il prossimo 20 agosto si affronteranno Sandra Torres e Bernardo Arévalo. Come altri paesi della regione, anche il Guatemala, il più popoloso dell’America Centrale con diciotto milioni di abitanti, non sfugge al rischio di una deriva autoritaria. Nei mesi precedenti al voto del 25 giugno infatti quattro candidati erano stati esclusi dalla contesa per presunte irregolarità burocratiche. La vittoria di Arévalo è stata una sorpresa, frutto di una campagna elettorale condotta sui social network e del voto dei giovani. “Siamo felici”, ha detto Sandra Torres il 26 giugno. “Vinceremo a prescindere dall’avversa­rio”.

“Non siamo qui per scalare i sondaggi, ma per vincere le elezioni”, ha ribattuto Arévalo. Più del 17 per cento degli elettori ha annullato la scheda e l’affluenza è stata del 60 per cento circa. Chiaramente i cittadini del Guatemala non hanno fiducia nelle istituzioni.

Nella giornata elettorale c’è stato qualche momento di tensione. I fatti più gravi sono avvenuti a San José del Golfo, a trenta chilometri dalla capitale, dove le autorità hanno sospeso le operazioni di voto a causa di aggressioni agli scrutatori. Tra le persone escluse dalla possibilità di candidarsi alla presidenza c’erano l’imprenditore Carlos Pineda, popolare su Tik Tok e dato come favorito nei sondaggi, e Thelma Cabrera, l’unica indigena in un paese in cui i nativi sono metà della popolazione.

È la seconda volta che Sandra Torres arriva al ballottaggio. Nel 2019 era stata sconfitta dall’attuale presidente, il conservatore Alejandro Giammattei. Poi era stata accusata di finanziamento illecito per il suo partito, l’Unità nazionale della speranza, ma nel 2022 il processo è stato archiviato. Torres è la vedova dell’ex presidente Álvaro Colom, che governò il paese dal 2008 al 2012. Negli anni è passata da posizioni socialdemocratiche ad altre più conservatrici. I guatemaltechi credono che una sua vittoria rappresenterebbe una continuità con l’attuale governo.

Invece Arévalo, del partito di sinistra Movimiento semilla, ha impostato la sua campagna elettorale sulla lotta alla corruzione e sulla promessa di prendere le distanze dai partiti tradizionali. È il figlio di Juan José Arévalo, il primo presidente democraticamente eletto nel 1944 dopo la caduta del dittatore Jorge Ubico.

Emigrazione
Numeri in crescita
Cittadini del Guatemala che hanno lasciato il paese, milioni (Fonte: Folha de S.Paulo, Oim)

Secondo il sociologo Marcel Arévalo (non ci sono parentele tra i due), “il buon risultato ottenuto da questo candidato è anche il riflesso della stanchezza dell’elettorato verso i politici che hanno distrutto le istituzioni democratiche costruite a fatica dopo la firma degli accordi di pace del 1996”.

Il Guatemala si trova al quinto posto nella classi­fica dell’ong Transparency international sulla corruzione percepita in America Latina. La mancanza d’indipendenza della magistratura e la persecuzione giudiziaria degli oppositori sono i segnali più visibili della deriva autoritaria. Oggi circa trenta giudici e venti giornalisti vivono in esilio volontario. Il prossimo presidente dovrà guidare un paese in gran parte rurale, dove la mortalità e la malnutrizione infantili sono diffuse e dove l’accesso a strade, acqua ed energia è insufficiente. Dal 2021 gli omicidi sono di nuovo in aumento. A questa situazione si aggiungono anche la disoccupazione e la diffusione del lavoro irregolare, in un paese in cui più della metà della popolazione è sotto i trent’anni. Molti decidono di partire per gli Stati Uniti per cercare condizioni di vita migliori. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati