Un resort turistico con vista sul mar Mediterraneo. Un tribunale costruito nel 2018. Decine di case, cancellate in pochi secondi, premendo un bottone.
I danni causati dall’offensiva aerea israeliana nella Striscia di Gaza sono stati ben documentati. Ma le forze di terra israeliane hanno provocato anche una serie di esplosioni controllate che negli ultimi mesi hanno alterato drasticamente il paesaggio. Un’analisi del New York Times basata su riprese dell’esercito israeliano, video pubblicati sui social network e immagini satellitari rivela che da novembre 33 demolizioni controllate hanno distrutto centinaia di edifici, tra cui moschee, scuole e intere porzioni di quartieri residenziali.
Rispondendo alle nostre domande al riguardo, un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che i soldati stanno “localizzando e distruggendo infrastrutture terroristiche inserite, tra le altre cose, all’interno di edifici” in aree civili, aggiungendo che a volte interi quartieri fungono da “complessi di combattimento” per i miliziani di Hamas.
Alcuni funzionari israeliani, che hanno chiesto di restare anonimi perché non erano autorizzati a discutere pubblicamente la questione, hanno dichiarato che Israele ha voluto distruggere gli edifici palestinesi vicino al confine per creare una “zona cuscinetto” di sicurezza all’interno della Striscia. L’obiettivo è ostacolare eventuali tentativi di lanciare attacchi come quello compiuto il 7 ottobre nel sud di Israele.
Nessun ritorno
Ma la gran parte dei siti demoliti individuati dal New York Times si trova molto al di fuori della cosiddetta zona cuscinetto. E il numero di demolizioni confermate – sulla base delle prove disponibili – potrebbe rappresentare solo una parte di quelle realizzate da Israele dall’inizio della guerra.
In queste operazioni i soldati entrano nelle strutture selezionate per piazzare mine o altri esplosivi, poi escono per farli detonare tenendosi a debita distanza. Nella maggior parte dei casi le truppe israeliane hanno sgomberato e messo in sicurezza le aree circostanti. Ma dove ci sono combattimenti in corso le demolizioni sono rischiose.
Il 22 gennaio ventuno soldati israeliani sono rimasti uccisi mentre la loro unità si preparava a far esplodere vari edifici vicino al confine con Israele, nel centro della Striscia. I funzionari israeliani hanno dichiarato che alcuni miliziani palestinesi hanno lanciato una granata nella loro direzione, innescando gli esplosivi. I soldati stavano sgomberando la zona per consentire agli abitanti del sud di Israele di tornare in sicurezza alle loro case, ha dichiarato Daniel Hagari, il principale portavoce dell’esercito israeliano.
A dicembre un portavoce del dipartimento di stato statunitense, Matthew Miller, ha affermato che la creazione di una zona cuscinetto lungo i 58 chilometri di confine con Israele “violerebbe” la storica opposizione di Washington a una riduzione del territorio della Striscia. Secondo gli esperti di diritto internazionale umanitario, inoltre, le demolizioni – che impedirebbero ad alcuni palestinesi di tornare alle loro case – potrebbero violare il divieto di distruggere deliberatamente le proprietà civili stabilito dalle convenzioni internazionali.
Conto alla rovescia
In un video girato alla fine di novembre un’esplosione controllata ha abbattuto almeno quattro grandi condomini a pochi isolati di distanza da uno dei principali ospedali della città di Gaza. Un’operazione simile a dicembre ha distrutto più di dieci edifici intorno a piazza Palestina, nel centro della città, che secondo l’esercito israeliano ospitavano una vasta rete di tunnel. Secondo le stime delle analisi satellitari dall’inizio della guerra è stata danneggiata o distrutta almeno metà degli edifici di Gaza. La maggior parte dei danni è causata dai bombardamenti e dai combattimenti, ma le grandi demolizioni controllate sono tra gli atti più distruttivi. Alcuni video dei primi giorni di gennaio mostrano i soldati che provocano diverse detonazioni nella città di Khuzaa lungo la zona cuscinetto a est di Khan Yunis, nel sud della Striscia, distruggendo quasi duecento case. In altri video si vedono soldati lanciare razzi di segnalazione ed esultare durante una demolizione.
Una delle demolizioni più grandi identificate dal New York Times è stata condotta a Shujaiyya, un quartiere residenziale alla periferia della città di Gaza. Secondo le immagini satellitari di dicembre, in tre settimane nel quartiere sono state rase al suolo decine di case.
In alcuni video le demolizioni sembrano avere come obiettivo le infrastrutture sotterranee. In altri colpiscono moschee, scuole legate alle Nazioni Unite ed edifici universitari, tra cui l’università di Israa, demolita alla metà di gennaio, un’operazione che ha suscitato molte condanne. Quando i funzionari statunitensi hanno sollevato interrogativi sulla decisione di demolire l’università, l’esercito israeliano ha dichiarato che l’episodio era “in fase di verifica”. Anche se oggi il sito è stato sgomberato e messo in sicurezza dalle truppe israeliane, i funzionari militari hanno dichiarato che in passato serviva da campo di addestramento di Hamas e da stabilimento per la produzione di armi. Il New York Times non ha potuto verificare questa affermazione.
“Il fatto che in passato il luogo sia stato usato da combattenti nemici non è una giustificazione per una distruzione simile”, sostiene Marco Sassoli, che insegna diritto internazionale all’università di Ginevra. Sassoli ha sottolineato che le demolizioni dovrebbero avvenire solo se assolutamente necessarie per le operazioni militari: “Non riesco a immaginare come possa essere questo il caso per un’università, un edificio del parlamento, una moschea, una scuola o un albergo nel mezzo della Striscia di Gaza”. Un portavoce dell’esercito ha dichiarato che tutte le azioni delle forze israeliane “si basano sulla necessità militare e sono in conformità con il diritto internazionale”.
Per i palestinesi le demolizioni sono un ulteriore simbolo di privazione e distruzione nella Striscia, e sollevano dubbi sul futuro del territorio dopo decenni di guerra e sfollamenti. “Il piano di Israele è distruggere Gaza e renderla invivibile”, ha detto Husam Zomlot, ambasciatore palestinese nel Regno Unito. “L’obiettivo è sempre stato di impedire al nostro popolo il ritorno alla sua terra”.
Due giorni dopo la morte dei ventuno soldati israeliani, è stato girato il video di un’altra demolizione. Nel filmato un soldato dice che in memoria di quei morti saranno distrutte ventuno case. I militari cominciano il conto alla rovescia, poi c’è un’enorme esplosione. ◆ fdl
Il capo della diplomazia statunitense, Antony Blinken, ha cominciato il 5 febbraio 2024 il suo quinto viaggio in Medio Oriente dall’inizio della guerra , con l’obiettivo di cercare d’imporre un cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. La prima tappa è stata in Arabia Saudita. Poi Blinken si è diretto in Egitto e in Qatar, due paesi mediatori al fianco di Washington, prima di arrivare in Israele e in Cisgiordania.
Il progetto sostenuto da Blinken è stato elaborato a Parigi alla fine di gennaio da mediatori di Qatar, Egitto e Stati Uniti e deve essere ancora approvato da Israele e Hamas. Il 6 febbraio Hamas ha confermato di aver consegnato la sua risposta ai mediatori, senza aggiungere ulteriori dettagli. Il Qatar ha confermato che il gruppo palestinese è “nel complesso positivo” su un possibile accordo. Secondo alcune fonti, il progetto prevede una tregua di sei settimane durante le quali Israele dovrebbe liberare tra duecento e trecento prigionieri palestinesi in cambio di una quarantina di ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza. Inoltre dovrebbe essere concesso l’ingresso di più aiuti umanitari nel territorio palestinese.
Finora le posizioni tra le parti sono rimaste lontane. Hamas vuole un cessate il fuoco totale, mentre Israele ribadisce che metterà fine alla sua offensiva, in cui sono stati uccisi già 27.708 palestinesi, solo dopo aver eliminato il movimento islamista e liberato tutti gli ostaggi. Afp
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Questo articolo è uscito sul numero 1549 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati