Madri e padri preoccupati, che non conoscono bene il contenuto del programma educativo Evras (Educazione alla vita di relazione, affettiva e sessuale) e si lasciano convincere da post su Facebook che gridano alla sessualizzazione dei ragazzi. E poi genitori che, consapevolmente o meno, soffiano sul fuoco del complottismo diffondendo informazioni false. Son0 queste le persone che in Belgio stanno protestando contro il corso di educazione sessuale Evras, che il 7 settembre il parlamento della Federazione Vallonia-Bruxelles ha reso obbligatorio per gli alunni tra i 12 e i 16 anni delle scuole della comunità francofona. Dopo una prima manifestazione pacifica davanti al parlamento vallone, tra il 10 e il 16 settembre ci sono stati diversi incendi nelle scuole di Charleroi e di altre località in Vallonia. E la tensione è salita. “Gli atti terroristici contro le scuole sono inammissibili”, ha detto la ministra dell’istruzione Caroline Désir. Ma chi si nasconde dietro ai post che denunciano “l’insegnamento della pornografia a scuola” o ai volantini che pubblicizzano una piattaforma chiamata Democrazia partecipativa, sulla quale si afferma che “questi corsi spingono i giovani a intraprendere terapie ormonali per cambiare sesso”?
Dietro il sito Democrazia partecipativa, lanciato nel luglio 2023, c’è un certo Daniel de Wolff, già molto attivo negli ambienti no vax. Oltre a questo gruppo, che diffonde affermazioni inesatte sul corso Evras (accusato, per esempio, di parlare di “masturbazione e orgasmo già dai nove anni”), sono coinvolti anche altri siti, come Bon sens Belgique (Buon senso Belgio), Innocence en danger (Innocenza in pericolo) e l’Osservatorio della piccola sirena, noto per i suoi feroci attacchi contro la comunità lgbt.
“È una cassa di risonanza per quei soggetti che definiamo complottisti”, precisa Oliver Klein, professore di psicologia sociale all’Università libera di Bruxelles. Le polemiche belghe su Evras sono sconfinate anche in Francia, dove il rapper Rohff ha condiviso con il suo milione di follower una petizione indirizzata al ministro dell’istruzione francese contro il programma di educazione sessuale belga.
“Ci sono tre categorie di persone che attaccano l’Evras”, osserva Klein. “La destra cattolica e reazionaria, che condivide la battaglia contro la ‘teoria del genere’. Poi gli elementi vicini al mondo no vax, nemici delle ‘élite europee globali’, cioè i complottisti che erano all’opera durante la pandemia, sempre diffidenti nei confronti delle autorità politiche e dei mezzi d’informazione tradizionali. E infine i movimenti musulmani”.
Informazioni false
All’inizio di settembre, poco prima che il rinnovo del programma Evras fosse approvato dal parlamento della comunità francofona, un collettivo di sette associazioni islamiche aveva presentato una lettera aperta sul tema. Il documento parlava di un progetto “contrario ai valori universali e inviolabili dell’educazione familiare” ed era firmato dalla rete di moschee turche Diyanet, vicina alle istituzioni di Ankara, dalla federazione di moschee del Belgio (che ha più di duecentomila iscritti e circa ottanta moschee), dalla Federazione islamica del Belgio (l’altra corrente islamica turca in Belgio, che conta 150mila aderenti), dalla Federazione delle moschee albanesi, oltre che dall’Associazione delle moschee africane del Belgio, dall’Unione delle moschee di Liegi, dalla Comunità dei bosniaci islamici del Belgio e dall’Associazione culturale turco-islamica Ehli-Beyt.
Le istituzioni firmatarie temono che il programma possa “intaccare la libertà religiosa e il diritto dei genitori di guidare l’educazione dei loro figli conformemente al loro credo”. “Lo stato cerca di imporre, o comunque di promuovere, una particolare visione della società a scapito delle altre. Noi non chiediamo di imporre la nostra visione, ma difendiamo la libertà di scegliere”, ha spiegato a Le Soir l’autore del comunicato, Ramadan Ganaj.
Il malcontento, però, è condiviso anche dai lettori del sito d’informazione cattolico CathoBel. Diverse petizioni sono state pubblicate sul sito ufficiale della chiesa cattolica nel Belgio francofono, tra cui una lettera aperta che ha raccolto più di ottomila firme e che denuncia la “iper-sessualizzazione dei bambini”, la “visione ideologica dell’educazione sessuale e affettiva”. Il documento critica il “principio di autodeterminazione” per quanto riguarda l’identità di genere dei ragazzi e delle ragazze e rifiuta il carattere “non eteronormativo” del programma Evras.
Ma le proteste non arrivano solo dagli ambienti religiosi conservatori. Il collettivo Valeurs saines (Valori sani), nato come reazione a un programma di letture per ragazzi organizzate da un gruppo di drag-queen nelle biblioteche del paese, era presente alla manifestazione del 7 settembre. Si è mobilitato anche il gruppo Sauvons nos enfants (Salviamo i nostri figli), creato su Facebook due mesi fa. Il suo portavoce, il pediatra e psichiatra Frédéric Goaréguer, era stato convocato dall’ordine dei medici in seguito ai suoi interventi sulle misure sanitarie adottate in pandemia. Sul settimanale De Standaard Goaréguer ha criticato l’attenzione che il corso dedica al cambiamento di sesso e alle relazioni omosessuali. “Non ho nulla contro la comunità lgbt”, ha detto, “ma faccio fatica ad accettare che si presenti ai bambini questo genere di ideologia e di propaganda”.
“Ci sono delle convergenze curiose tra le persone che protestano e che sono molt0 diverse tra loro”, osserva Klein, convinto che esista una “volontà deliberata di far circolare informazioni false”. Le frasi della guida al programma Evras citate e attaccate dai manifestanti nel migliore dei casi sono presentate fuori del loro contesto e nel peggiore inventate di sana pianta. Il rischio è spaventare anche le famiglie che sono molto lontane dall’universo del complottismo. ◆ adr
◆ Il corso Evras (Education à la vie relationnelle affective et sexuelle) consiste in un video di animazione che tratta argomenti come il consenso, la salute sessuale e riproduttiva, la violenza, i sentimenti e l’affettività tra i giovani. È stato introdotto nelle scuole della regione Vallonia-Bruxelles nel 2012, ma solo quest’anno è stato reso obbligatorio. La durata del corso è di due ore per gli alunni di 11-12 anni e di quattro ore per quelli di 15-16 anni. Le Vif
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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati