L’instabilità politica che minaccia di interrompere il mandato di Mario Draghi alla presidenza del consiglio italiano evidenzia le sfide con cui si stanno misurando i suoi ex colleghi della Banca centrale europea (Bce), alle prese con una serie di cambiamenti storici.
Il 21 luglio Christine Lagarde, che nel 2019 ha preso il posto di Draghi alla guida della Bce, dovrebbe aver annunciato il primo rialzo dei tassi d’interesse da più di un decennio e allo stesso tempo un meccanismo per evitare che aumentando il costo dei prestiti s’inneschi un’altra crisi del debito nell’eurozona, provocata dai maggiori costi per finanziarlo. A quel punto, però, la situazione politica a Roma potrebbe essere diventata ancora più instabile. Il rendimento dei titoli di stato italiani è cresciuto rapidamente dopo che il Movimento 5 stelle, parte del governo di unità nazionale guidato da Draghi, si è rifiutato di votare la fiducia su alcuni provvedimenti dell’esecutivo, spingendo il presidente del consiglio a presentare le dimissioni. Il capo dello stato Sergio Mattarella le ha respinte, ma qualsiasi segnale di un’uscita di scena del premier potrebbe comportare un aumento dei costi per finanziare il debito italiano.
Circostanze eccezionali
Il piano della Bce, chiamato “meccanismo di protezione della trasmissione”, dovrebbe essere usato per contrastare attraverso l’acquisto di titoli di stato quella che la Banca centrale chiama frammentazione, cioè un aumento ingiustificato di quei costi nei singoli paesi. Il mese scorso Lagarde ha spiegato ai politici europei che la Bce non permetterà che “il rischio di frammentazione” intralci le decisioni della banca. “Bisogna stroncare subito questo pericolo”, ha aggiunto Lagarde.
Tuttavia, secondo gli economisti il caos in Italia dimostra quanto sarà difficile per la Bce separare le conseguenze di una speculazione ingiustificata dai naturali cambiamenti nel rendimento dei titoli di stato, dovuti a un peggioramento delle prospettive. “Questo rende la vita della Bce molto più complicata”, spiega Spyros Andreopoulos, economista della banca francese Bnp Paribas ed ex dipendente della Banca centrale. “Alcuni paesi potrebbero avere la percezione che la Bce intervenga per rimediare agli errori politici di un paese”.
Il piano della Banca centrale per neutralizzare un aumento ingiustificato degli interessi sui titoli di stato dell’eurozona è già stato accolto freddamente dai leader di paesi più virtuosi del Nordeuropa, tra cui Germania, Austria e Paesi Bassi. Temono una reazione eccessiva della Bce in un momento in cui i mercati si adeguano alla prospettiva di un aumento dei tassi d’interesse. La preoccupazione è che la Banca centrale, cercando di mantenere bassi i costi di finanziamento per i paesi molto indebitati, possa incoraggiare la superficialità finanziaria e scivolare nel “finanziamento monetario” dei governi, vietato dai trattati europei. “Se il piano andrà oltre la separazione tra politica monetaria e politica finanziaria avvelenerà il clima politico in Nordeuropa”, ha detto l’economista Lars Feld, professore dell’università Albert-Ludwig di Friburgo e consulente del ministro delle finanze tedesco.
Il 15 luglio lo spread (la differenza di rendimento) tra i titoli di stato decennali italiani e quelli tedeschi ha superato i 2,22 punti percentuale, raggiungendo i livelli massimi dell’ultimo mese. Gli investitori temono che un anticipo delle elezioni nel paese possa portare a un esecutivo guidato da Fratelli d’Italia (FdI), il partito di Giorgia Meloni, che si oppone al governo Draghi. FdI affonda le sue radici nella politica postfascista ed è in testa ai sondaggi. “Cosa accadrebbe se i candidati di destra ottenessero un buon risultato e i mercati cominciassero a vendere freneticamente?”, si chiede Erik Nielsen, capo analista della banca italiana UniCredit. “A quel punto la Bce interverrebbe?”.
Molti economisti credono che la Bce non dovrebbe combattere questo genere di frammentazione. Francesco Papadia, componente del centro di ricerca Bruegel, di Bruxelles, ed ex capo delle operazioni di mercato della Bce, ha scritto su Twitter: “La Bce non può fare nulla per i paesi che si danneggiano da soli”. Silvia Ardagna, economista della banca britannica Barclays, è d’accordo con il collega: “Se l’incertezza politica continuerà, con le dimissioni di Draghi e le elezioni anticipate, l’Italia non otterrà benefici dall’attivazione del meccanismo di protezione”. Tuttavia Ardagna sottolinea che lo strumento della Bce “sarebbe più importante per prevenire il contagio della crisi dall’Italia ad altri mercati dei titoli di stato quando la banca aumenterà i tassi d’interesse”.
I costi di finanziamento dell’Italia e la differenza dei redimenti con i bond tedeschi restano molto lontani dai livelli raggiunti durante la crisi del debito del 2012, quando i titoli di stato decennali italiani superarono il 7 per cento di rendimento e lo spread con la Germania raggiunse il picco di 5 punti percentuali.
Jack-Allen Reynolds, economista europeo del gruppo di ricerca Capital Economics, ritiene che il caos politico che ha colpito l’Italia potrebbe rafforzare le critiche nei confronti del piano della Bce tra i responsabili della definizione dei tassi, perché “è precisamente il genere di situazione in cui non vogliono essere trascinati”. Tuttavia è improbabile che emerga un’opposizione netta contro il meccanismo, perché perfino i politici più intransigenti e tradizionalmente contrari all’acquisto dei titoli di stato sanno che la speranza di aumentare i tassi d’interesse potrebbe svanire se l’eurozona sprofondasse in una crisi del debito.
A luglio il capo della banca centrale tedesca Joachim Nagel ha elencato i vincoli da applicare al meccanismo della Bce, che secondo lui “può essere giustificato solo in circostanze eccezionali e in condizioni definite in modo preciso”.
In occasione di un incontro dei vertici della Bce organizzato all’inizio di luglio, Nagel e i capi delle banche centrali di Paesi Bassi e Austria hanno proposto un rafforzamento dello strumento attraverso il coinvolgimento del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), con il compito di stabilire la sostenibilità dei piani finanziari dei governi nazionali.
Uno sviluppo di questo tipo sarebbe però estremamente controverso in Italia e in altri paesi dell’Europa del sud, dove il Mes è visto con diffidenza a causa delle condizioni invasive e del monitoraggio scrupoloso imposti ai paesi salvati durante l’ultima crisi del debito, come Grecia, Spagna e Portogallo.◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati