Da tempo gli oppositori della riforma della legge sul fine vita dicono che avventurarsi sulla china della legalizzazione del suicidio medicalmente assistito è molto pericoloso. Le loro paure oggi sembrano più che mai fondate. Il 16 ottobre l’Assisted dying bill, presentato dalla parlamentare laburista Kim Leadbeater, è arrivato alla camera dei comuni. Da allora alcune persone affette da malattie che potrebbero non essere comprese nella nuova normativa hanno protestato per l’esclusione. C’è davvero il rischio che la portata della legge venga ampliata per includere anche questi casi?

Nicholas Mostyn, un giudice in pensione che con un gruppo di arzilli vecchietti cura un podcast sul morbo di Parkinson, è furioso perché – a suo dire – chi soffre di questo disturbo potrebbe non essere considerato dalla nuova legge come malato terminale.

Londra, 16 ottobre 2024 (Lucy North, PA images/Getty)

Così quella che all’inizio sembrava una china pericolosa si sta trasformando in un precipizio. Non temete che presto saranno accontentati anche i malati non terminali, per esempio le persone affette da disturbi psichiatrici, come già succede in Belgio?

Non ho intenzione di attaccare Nicholas Mostyn, che con il suo fantastico gruppo ha fatto molto per far conoscere la vita dei malati di Parkinson. Ma questo non significa che la nuova legge debba includere anche persone affette da malattie non terminali.

Mia madre aveva il Parkinson. Vi prego di perdonarmi se ne faccio una questione personale. Per lei la cosa più difficile è stata accettare di essere un peso per me. Ricordo quando mi ha detto: “Se non fosse per me avresti più soldi e più tempo”. Era vero, eppure ho fatto il possibile per pagare la sua assistenza e per essere presente. Perché era mia madre. Se il suicido medicalmente assistito fosse stata un’opzione, e se io fossi stata una persona senza scrupoli, non avrei avuto alcuna difficoltà a spingerla fino al punto in cui, pur di aiutarmi, avrebbe accettato di fare qualcosa che non voleva. Spesso gli anziani sono vulnerabili. Se il suicidio assistito fosse legale, sarebbe molto facile spingerne alcuni a compiere il passo fatale.

Durante un dibattito sul tema organizzato dal Royal college of psychiatrists, una delle prime domande è stata: come pensate che si possano fornire le prove della capacità d’intendere e di volere con il servizio sanitario nazionale e i servizi di salute mentale così sovraccarichi di lavoro? E la supervisione dei giudici? Sapete quanto è intasato il sistema giudiziario? La nuova legge sembra offrire una solida protezione legale, ma in realtà è molto lacunosa.

Tuttavia la vera obiezione al provvedimento nasce dal principio stesso che lo sostiene. La legge introdurrebbe nei rapporti tra le persone l’idea che morire prima del tempo sia una scelta praticabile. La morte per senso di colpa, per paura di essere un peso, per depressione: sono concetti un tempo impensabili, che ora potrebbero diventare accettabili. Anche il rapporto tra medico e paziente cambierebbe per sempre.

Questa legge è pensata per le persone che hanno una volontà di ferro e mezzi economici, non per i poveracci rinchiusi nelle case di riposo senza parenti disposti ad aiutarli. Quello che sta succedendo è il vero motivo per cui temevo l’arrivo di un governo laburista. Il programma fiscale del partito non mi preoccupava, ma ero terrorizzata dalla tendenza dei deputati laburisti a sposare qualsiasi causa sia percepita come progressista. La morte assistita va bene per le persone forti, per i Nicholas Mostyns, per gli individui pienamente coscienti che non si lasciano influenzare. Ma per gli altri? Anziché occuparci di aiutare la gente a morire, dovremmo rafforzare le cure palliative, rendendole disponibili a tutti. In breve, dovremmo garantire che le persone possano scegliere il modo migliore di trascorrere la fase finale della vita, non dargli la possibilità di morire in anticipo. ◆as

Melanie Mcdonagh è una giornalista irlandese che vive e lavora a Londra. Scrive commenti per The Spectator, Evening Standard, The Daily Telegraph e per il settimanale cattolico The Tablet.

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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati