Diceva Virginia Woolf in un saggio del 1924, Mr. Bennett and Mrs. Brown, che dare vita a un personaggio è una questione di dettagli e per costruirli una scrittrice attinge dal suo carattere, dal suo tempo, dal suo paese. Nel suo esordio, Giulia Serughetti porta sulla carta una personalità da camionista fuori e principessa dentro, la app che le ha più incasinato la vita, “quella per conoscere femmine di vario tipo”, e Roma, “una puttana che te la fa credere e poi ride di te. Impossibile non odiarla. Impossibile non amarla”. L’autofiction, in fin dei conti, è questo, se si ha la sincerità di raccontarsi con spietatezza o, quantomeno, di raccontare la propria vita come fosse un film. Proiettata su uno schermo, la voce di Amore assoluto e altri futili esercizi sarebbe quella di una Amélie Poulain contemporanea. I capitoli brevissimi hanno quasi tutti una struttura circolare: cominciano con un pensiero, seguono uno o più digressioni, riprendono il filo del discorso. La protagonista ti stordisce di chiacchiere, ma alla fine la sua personalità è ascrivibile a uno dei due archetipi delle più classiche sceneggiature: il personaggio scorbutico, misantropo, anaffettivo, che compensa il carattere buono, generoso e affabile dell’amico, in questo caso, di Olivia, il cocker spaniel. Si sorride, si sospira, si legge. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati