Dopo la follia della settimana scorsa (cioè Villa del seminario di Sacha Naspini), torniamo ai libri di memorie. A parte l’ironia, devo dire che mi piace davvero guardare con attenzione a questo momento felice dell’editoria italiana, grande e piccola. Felice, almeno per me, perché mi sembra stia creando lo spazio necessario per le penne delle scrittrici razzializzate, non più relegate a una nicchia. Il primo libro di cui ho scritto per questa rubrica era di un’autrice liberiana, Wayétu Moore, quello di questa settimana è di una italo-liberiana, nata a Roma. Il corpo nero di Anna Maria Gehnyei, in una serie di capitoli brevi, racconta l’esperienza di una donna afrodiscendente: i capelli afro, il rapporto sempre guardingo con la polizia (“Quando ero piccola, ci fermavano spesso per controlli e i poliziotti dicevano a mio padre che la sua macchina era troppo bella e nuova per essere davvero sua”), i racconti magici e nostalgici della madre sul paese d’origine. Ovunque si muova, il suo corpo è al centro dello sguardo degli altri e di quello che lei rivolge a se stessa, in un continuo tentativo di mediazione identitaria: “Il mio corpo è africano, è italiano, il mio corpo è”. Scorrevole da leggere, quello di Gehnyei, in arte Karima 2G, è un libro lineare e sincero. Gehnyei dialogherà con Mirfet Piccolo, autrice di Senzanome (Perrone 2022), al Book pride di Milano, il prossimo marzo.
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Questo articolo è uscito sul numero 1498 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati