La crisi dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia si fa sempre più complicata. Il 7 ottobre dodici stati hanno chiesto la costruzione di barriere materiali ai confini esterni dell’Unione europea, e sei giorni dopo il parlamento polacco ha approvato lo stanziamento di 366 milioni di euro per allestire un muro di filo spinato alla frontiera orientale del paese. “I confini vanno protetti”, scrive il greco Ta Nea, “ma non con misure che calpestano i valori dell’Unione e violano il diritto internazionale”.
L’ultimo muro
Omicidio di un deputato
“Il Regno Unito fa abbastanza per proteggere i suoi deputati, che spesso sono bersagli di odio e di minacce?”. Così l’Observer commenta la morte del parlamentare conservatore David Amess, ucciso a coltellate il 15 ottobre mentre partecipava a un’iniziativa politica nel suo collegio elettorale di Leigh-on-Sea. Amess è il secondo deputato a essere ucciso in cinque anni, dopo la laburista Jo Cox nel 2016. “Questa tragedia”, conclude il settimanale, “deve spingerci a moderare i toni tossici del dibattito politico”.
Un nuovo volto per l’opposizione
Alle elezioni ungheresi del 2022 sarà l’indipendente Péter Márki-Zay a sfidare Viktor Orbán, premier sovranista in carica dal 2010. Márki Zay ha vinto le primarie dell’opposizione, organizzate da sei partiti, dal centrosinistra all’estrema destra. Grazie al sostegno di queste stesse forze, nel 2018 era stato eletto sindaco della città di Hódmezővásárhely, sconfiggendo a sorpresa il candidato di Fidesz, il partito di Orbán. La stampa si chiede se riuscirà a ripetere l’impresa. Secondo il filogovernativo Magyar Nemzet, le primarie non contano nulla, perché “per diventare premier servono un partito e un gruppo parlamentare”, mentre il polacco Wprost sottolinea che “Márki Zay è un conservatore di provincia, una definizione non esattamente lusinghiera, ma che indica l’unico tipo di leader oggi in grado di unire l’opposizione e sottrarre il potere a Orbán”.
Conservatori in crisi
Unione europea
Dopo la sconfitta dei conservatori alle elezioni tedesche e le dimissioni del premier austriaco Sebastian Kurz, indagato per corruzione, il Partito popolare europeo (Ppe) sembra essere entrato nella crisi più grave della sua storia: il gruppo che un tempo dominava la politica continentale conta solo nove capi di governo su 27 nell’Unione europea, e se la Cdu sarà esclusa dal nuovo esecutivo tedesco non rappresenterà nessuno dei cinque maggiori paesi dell’Unione e nessuno stato dell’Europa occidentale. Per le forze di centrodestra, schiacciate tra l’ascesa dei sovranisti e le nuove priorità dei giovani moderati, le dimissioni di Kurz sono un problema particolarmente grave, dato che l’alleanza stretta dal giovane premier austriaco con i verdi era considerata un modello per il rinnovamento del campo conservatore. Con l’ormai prossima uscita di scena di Angela Merkel, inoltre, il Ppe si trova improvvisamente privo di una figura di riferimento: al momento il leader più forte è il premier greco Kostas Mitsotakis. ◆
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