Il 31 ottobre il parco Disneyland di Shanghai ha chiuso i cancelli all’improvviso dopo che un visitatore era risultato positivo al covid-19. Le 34mila persone che si trovavano all’interno sono state sottoposte a un tampone e mandate a casa. È un esempio di quanto sia rigida la strategia cinese “zero contagi”, che punta a eliminare il virus mentre quasi tutti gli altri paesi hanno deciso di conviverci. Molti cominciano a mettere in discussione la sostenibilità della strategia di Pechino, ma secondo Zhong Nanshan, autorevole virologo del paese, intervenire isolando e facendo test a tappeto è meno costoso e più efficace di imporre restrizioni e curare i malati.
Strategia drastica
Spariti i fondi contro il covid
I 372 milioni di dollari trasferiti dal Fondo monetario internazionale (Fmi) alle autorità birmane a febbraio, poco prima del colpo di stato, per aiutare il paese nella lotta alla pandemia sono scomparsi, scrive The Diplomat. Il portavoce dell’Fmi Gerry Rice spiega che otto mesi dopo “non è possibile accertare se il regime militare stia usando i fondi come previsto”, perché la sua gestione non è trasparente e non pubblica i rapporti trimestrali richiesti. Intanto la campagna vaccinale nel paese procede a rilento: il 23 ottobre solo il 10 per cento della popolazione aveva completato la vaccinazione. La giunta militare intende produrre il vaccino con l’aiuto di Cina e Russia.
La minaccia dell’Iskp
Almeno 25 persone sono state uccise e cinquanta sono rimaste ferite in un attentato contro l’ospedale militare Sardar Dawood Khan di Kabul, in Afghanistan. Si tratta dell’ennesimo attacco da parte dell’Iskp (costola afgana dello Stato islamico) da quando i taliban hanno preso il potere ad agosto. “L’Iskp sta usando le stesse tattiche che i taliban avevano impiegato contro il governo precedente”, scrive la Bbc. “Più che qualsiasi residuale resistenza da parte dell’ex governo, per il nuovo regime afgano è l’Iskp la vera sfida sulla sicurezza”, scrive l’Economist.
L’impegno dell’India
Alla conferenza sul clima di Glasgow il primo ministro indiano Narendra Modi ha annunciato a sorpresa che l’India raggiungerà la neutralità carbonica (o emissioni zero) entro il 2070. “Prima del vertice New Delhi non aveva dato alcuna rassicurazione in merito e al G20 di Roma aveva detto che non poteva indicare un anno entro cui il paese prevedeva di azzerare le emissioni di CO2”, scrive The Hindu. “L’impegno di Modi, che ha anche indicato obiettivi a breve termine per ridurre le emissioni, richiederà un cambiamento quasi immediato nelle priorità del governo”, continua il giornale. “L’obiettivo del 2070 supera di vent’anni quello delle nazioni più ricche e di dieci anni quello di Cina, Russia e Arabia Saudita”, scrive New Scientist. “Comunque la cosa importante è che anche l’India, che con 1,38 miliardi di abitanti è il quarto principale inquinatore del pianeta dopo la Cina, gli Stati Uniti e l’Unione europea ma che in termini di emissioni pro capite è tra i più virtuosi, si sia impegnata ad azzerare le emissioni”.
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