Dopo ventidue mesi di detenzione, Patrick Zaki è stato scarcerato. L’ha stabilito al termine dell’udienza del 7 dicembre il tribunale di Mansura, la città di origine dell’attivista egiziano, studente all’università di Bologna. Arrestato al Cairo il 7 febbraio 2020, Zaki non è ancora stato assolto dalle accuse e rischia fino a cinque anni di carcere per “diffusione di false informazioni”. Il processo a suo carico riprenderà il 1 febbraio. La sua legale, Hoda Nasrallah, ha fatto una serie di richieste al giudice per dimostrare l’illegalità dell’arresto. Middle East Eye ricorda che su Zaki pendono diversi capi d’imputazione, tra cui istigazione a partecipare a proteste non autorizzate e incitamento alla violenza e al terrorismo. Alcuni si legano a un articolo pubblicato nel 2019 sul sito libanese Daraj, che denunciava le discriminazioni ai danni dei cristiani copti, la minoranza a cui appartiene Zaki. La notizia della scarcerazione è stata accolta con gioia da familiari e attivisti fuori dell’aula di tribunale e in Italia, dove erano state organizzate molte iniziative di solidarietà. L’8 dicembre è uscito dal carcere (nella foto con la sorella Marise). ◆Il 1 dicembre la commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, avvenuta al Cairo nel 2016, ha approvato all’unanimità la relazione finale che attribuisce agli apparati di sicurezza egiziani la responsabilità del sequestro, della tortura e dell’omicidio del ricercatore italiano. Inoltre ha avanzato due proposte per superare l’ostacolo che a ottobre aveva interrotto il processo contro quattro esponenti dei servizi di sicurezza egiziani: ricorrere al diritto internazionale sulla base della convenzione dell’Onu contro la tortura e approvare un intervento legislativo per evitare che la mancata notifica degli atti agli imputati possa essere usata dagli stati esteri per sottrarsi ai processi. La prossima udienza si terrà il 10 gennaio 2022 a Roma. ◆
Patrick Zaki scarcerato
Ribelli in ritirata
Il 6 dicembre le forze governative etiopi hanno annunciato la riconquista delle città di Dessie e Kombolcha. La settimana prima avevano ripreso Lalibela, costringendo i ribelli tigrini a una ritirata strategica. Il 7 dicembre, scrive il sito Addis Standard, è cominciata una settimana di chiusura per le scuole superiori: gli studenti sono stati invitati a partecipare al raccolto nei campi per contribuire allo sforzo bellico. Secondo fonti governative più di trecento scuole sono state distrutte dall’inizio del conflitto a novembre del 2020.
Cinquant’anni di storia
Il 2 dicembre gli Emirati Arabi Uniti hanno festeggiato i cinquant’anni dalla loro formazione. The National ripercorre questa “storia di successo”: l’unione di sei emirati scarsamente popolati e semisconosciuti è oggi un centro globale della diplomazia internazionale. L’Orient-Le Jour ricorda però che per alcuni “tutto questo non è altro che un’illusione” e che il prezzo da pagare è molto alto: i partiti politici sono vietati e tutte le voci dissidenti sono messe a tacere, mentre le violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni dei lavoratori, sono moltissime.
Le urne o i fucili
Nella battaglia degli appelli e dei ricorsi fatti dai candidati alle elezioni presidenziali libiche, in programma il 24 dicembre, ci sono più domande che risposte, scrive Al Wasat. Le candidature del maresciallo Khalifa Haftar, di Saif al Islam Gheddafi e dell’attuale primo ministro Hamid Dbaibah sono state prima respinte e poi riammesse dopo il ricorso in tribunale. È una prova della fragilità delle istituzioni e delle altissime tensioni nel campo della sicurezza, scrive il quotidiano libico. Ogni volta i cittadini si chiedono: l’esclusione di uno dei candidati porterà a una ripresa degli scontri armati? “Nel paese regna l’incertezza e gli scenari possibili sono tanti: dal rinvio delle elezioni a un nuovo ciclo di violenze una volta esaurite le vie legali”.
Arabia Saudita Il 7 dicembre è stato arrestato a Parigi un saudita ricercato per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, nel 2018. Secondo Riyadh, però, c’è stato uno scambio d’identità.Gambia Il presidente uscente Adama Barrow è stato confermato alle elezioni del 4 dicembre. Ha ottenuto più del 53 per cento dei voti.
Benin Il 2 dicembre è stato registrato il primo attacco jihadista nel paese: due soldati sono stati uccisi nel nordovest. Negli stessi giorni altre 43 persone sono morte in attentati di gruppi jihadisti in Mali e in Niger.
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