Almeno una donna su quattro nel mondo subisce una violenza fisica o sessuale da parte del partner nel corso della vita. La situazione è peggiore nei paesi a basso reddito. Le regioni con i tassi più alti di violenza di genere sono l’Oceania (49 per cento), l’Africa subsahariana centrale (44 per cento), i paesi andini (38 per cento), l’Asia meridionale (35 per cento) e il Nordafrica e il Medio Oriente (31 per cento). Quelle con i tassi più bassi sono l’Europa centrale (16 per cento), l’Asia centrale (18 per cento) e l’Europa occidentale (20 per cento). I dati provengono da un database delle Nazioni Unite che raccoglie più di trecento studi, condotti tra il 2000 e il 2018, su 1,8 milioni di donne di almeno quindici anni in 161 paesi. L’obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite di eliminare ogni forma di violenza nei confronti delle donne è ancora molto lontano, conclude The Lancet.
Lontani dall’obiettivo
Il tempo delle decisioni
Il tempo necessario per prendere decisioni semplici comincia ad allungarsi dopo i vent’anni d’età. Il rallentamento non è però dovuto a processi mentali più lenti, ma a un comportamento più cauto. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori analizzando i dati di più di un milione di persone fino agli ottant’anni. I partecipanti dovevano rispondere a domande semplici, stabilendo per esempio se una parola era positiva o negativa, per poi premere un pulsante. Dopo i vent’anni le persone impiegavano più tempo per le risposte. Secondo i ricercatori, l’allungamento dei tempi è dovuto in parte a un controllo motorio più lento nel premere il pulsante, ma soprattutto a un maggiore sforzo elaborativo della mente. Andando avanti con l’età le persone diventano più caute e vogliono acquisire più informazioni prima di decidere. Sembra che la velocità dei processi mentali rimanga inalterata fino a circa sessant’anni, per poi declinare. Lo studio è utile a capire il funzionamento del cervello e può avere risvolti pratici. Nella selezione del personale, per esempio, spesso si preferiscono i giovani, considerati più bravi a prendere decisioni. Ma forse non è così. ◆
Gli strumenti degli oranghi
In natura gli oranghi (Pongo pygmaeus) vivono sugli alberi e raramente hanno a che fare con le pietre. Ma alcuni oranghi cresciuti in cattività hanno dimostrato di saperle usare come strumenti, in particolare per martellare, senza essere stati addestrati. Un esemplare ha addirittura usato una selce affilata per aprire una scatola e ottenere una ricompensa. Gli oranghi non sono però in grado di costruire degli utensili con la pietra grezza, neanche se addestrati. L’uso di strumenti litici, scrive Plos One, potrebbe essere comparso già tredici milioni di anni fa in un antenato comune agli oranghi e agli ominidi.
Energia dal buco nero
Messier 77 (nell’immagine, a sinistra), chiamata anche Ngc 1068, è una galassia a spirale nella costellazione della Balena. Al centro della galassia (a destra) è stato individuato un buco nero supermassiccio, nascosto da una nuvola di polvere e gas cosmici. Il buco nero attira questo materiale e nel processo viene rilasciata una grande quantità di energia. Fenomeni simili caratterizzano i nuclei galattici attivi, strutture di cui non è ancora del tutto chiaro il funzionamento. Lo studio è stato pubblicato su Nature.
Un metodo più ecologico
Trasformare il settore manifatturiero per renderlo sostenibile dal punto di vista ambientale è un obiettivo importante, e la biologia sintetica può dare una mano. Alcuni ricercatori hanno descritto su Nature Biotechnology un metodo che usa una versione modificata del batterio Clostridium autoethanogenum per produrre composti chimici come l’acetone da scarti di produzione industriale. Il processo assorbe anidride carbonica e potrebbe avere effetti positivi sulla crisi climatica.
Biologia Le lucertole sono in grado di sfuggire ai predatori sacrificando la coda. Secondo Science, la coda è dotata di un sistema di muscoli a incastro che permette il distacco quando ce n’è veramente bisogno, evitando che si verifichi accidentalmente o a causa di urti ed eventi simili.
Coronavirus L’ivermectina non ha effetti protettivi sui pazienti con il covid-19. La sperimentazione, pubblicata su Jama Internal Medicine, si è svolta in Malaysia. I ricercatori hanno somministrato l’ivermectina, un antiparassitario molto diffuso ed economico, a un gruppo di pazienti, ma non sono emerse differenze rispetto al gruppo di controllo, né per il rischio di sviluppare le forme più gravi della malattia né per altri aspetti. Gli scienziati hanno quindi stabilito che l’uso del farmaco contro il covid-19 è del tutto inutile.
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