Il presidente degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Abu Dhabi, Khalifa bin Zayed al Nahyan, è morto il 13 maggio a 73 anni. Il giorno dopo al suo posto il Consiglio supremo della federazione degli Emirati, di cui fanno parte gli esponenti dei sette emirati che compongono il paese, ha eletto all’unanimità il fratellastro e principe ereditario Mohammed bin Zayed, detto Mbz. Si tratta del terzo passaggio di potere dalla fondazione del paese nel 1971. Khalifa era diventato presidente nel 2004 succedendo a suo padre, il fondatore degli Emirati Zayed bin Sultan al Nahyan. Mbz, 61 anni, guida di fatto il paese da quando il fratello aveva avuto problemi di salute nel 2014 ed era scomparso dalla scena pubblica. Al Khaleej annuncia un lutto di quaranta giorni e la chiusura degli uffici pubblici per tre giorni. Il quotidiano ricorda che il successo degli ultimi anni degli Emirati nel mondo si deve a Khalifa, che aveva lanciato un’opera di modernizzazione senza precedenti, finanziata in gran parte dal petrolio di Abu Dhabi, l’emirato più ricco della federazione. ◆

Sorpresa nelle urne

Panorama frammentato Numero di seggi per ogni partito (Fonte: L’Orient-Le Jour)

I risultati delle elezioni legislative del 15 maggio confermano che il movimento filoiraniano Hezbollah e i suoi alleati hanno perso la maggioranza in parlamento, ottenendo 60 seggi su 128. È stata registrata una crescita dei candidati legati alle proteste del 2019, sedici dei quali entreranno in parlamento. Le Forze libanesi, partito cristiano che si oppone a Hezbollah, hanno annunciato di aver conquistato 19 seggi, contro i 15 della precedente legislatura. Il resto dei voti è andato al Partito socialista progressista del leader druso Walid Jumblatt, a piccole formazioni cristiane e ad altre vicine all’ex premier sunnita Saad Hariri, tutti ostili ad Hezbollah. Nonostante la bassa affluenza, ferma al 41 per cento, Al Modon parla di una “svolta storica” per il paese. Il sito libanese ammette che la frammentazione del panorama politico “renderà più complicato trovare compromessi e prendere decisioni” su tre questioni fondamentali: la formazione di un governo e le riforme per superare la crisi economica; l’elezione del presidente del parlamento (carica ricoperta dal 1992 da Nabih Berri, capo del movimento sciita Amal); e quella del capo di stato, quando scadrà il mandato di Michel Aoun a fine ottobre.

Ritorno al comando

Feisal Omar, Reuters/Contrasto

Hassan Sheikh Mohamud ( nella foto ) è stato eletto presidente della Somalia il 15 maggio alla terza votazione in parlamento. Ha avuto la meglio sul capo dello stato uscente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo. Mohamud è già stato presidente della Somalia dal 2012 al 2017, quando fu battuto da Farmajo, che all’epoca era un esordiente in politica, ricorda The East African. Secondo il sito Garowe Online, Mohamud ha promesso di rispettare innanzitutto le libertà politiche, aggiungendo che il suo predecessore aveva limitato la libertà d’espressione e di associazione. Tuttavia, si chiede il quotidiano burkinabé Le Pays, qual è il reale margine di manovra del presidente, le cui forze controllano solo una minima parte del territorio, di fronte alle sfide enormi che il paese deve affrontare? Gli Stati Uniti hanno annunciato il 16 maggio che manderanno circa cinquecento soldati in Somalia per nuove missioni di stabilizzazione e di lotta contro i miliziani jihadisti di Al Shabaab.

Per il controllo della capitale

Il 17 maggio il governo guidato dal primo ministro Fathi Bashagha, eletto a febbraio dal parlamento di Tobruk, ha cercato per la seconda volta di insediarsi nella capitale Tripoli, scatenando scontri violenti nella parte nordest della città, scrive The New Arab. Le forze fedeli a Bashagha erano entrate in città nella notte per prendere il controllo del governo, ma hanno incontrato la resistenza dei combattenti vicini al premier Abdul Hamid Dbaibah, il cui mandato è terminato alla fine di dicembre del 2021 ma che si rifiuta di cedere il potere. Lo stallo politico, che dura ormai da due mesi, ha portato al blocco parziale degli impianti petroliferi, dimezzando i ricavi del settore e le entrate di valuta straniera nel paese.

Guinea-Bissau Il 16 maggio il presidente Umaro Sissoco Embaló ha sciolto il parlamento, accusato di proteggere deputati corrotti, e indetto le elezioni legislative anticipate il 18 dicembre.

Mali La giunta al potere ha detto il 15 maggio di voler abbandonare la forza internazionale antiterrorismo G5 Sahel, perché gli altri paesi del gruppo gli avrebbero impedito di assumere la presidenza di turno. Il giorno dopo Bamako ha dichiarato di aver sventato un colpo di stato organizzato da un “governo occidentale”.

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1461 - 20 maggio 2022
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