La polizia iraniana ha arrestato diverse persone che il 17 luglio stavano protestando contro il prosciugamento del lago Urmia ( nella foto ), un tempo il più grande lago salato del Medio Oriente. Situato nelle montagne del nordovest, il lago cominciò a ridursi nel 1995 a causa di una combinazione di siccità prolungata, costruzione di dighe ed estrazione dell’acqua per l’agricoltura, spiega Radio Farda. ◆ Il 19 luglio l’autorità giudiziaria ha annunciato che il regista dissidente Jafar Panahi dovrà scontare sei anni di prigione in base a una condanna del 2010.
Il lago che scompare
La denuncia dei manifestanti
Il 17 luglio le autorità dello stato del Nilo Azzurro, nel sudest del Sudan, hanno detto che almeno 79 persone sono morte e altre centinaia sono state ferite negli scontri tribali tra hausa e barti che erano cominciati il 14 luglio, scrive Sudan Tribune. Lo stesso giorno a Khartoum l’esercito ha represso con violenza un’altra protesta contro la giunta golpista. Per i manifestanti i militari sono i veri responsabili dei massacri nel sudest.
Campagna sbilanciata
I tunisini sono chiamati alle urne il 25 luglio per il referendum sulla nuova costituzione, voluta dal capo dello stato Kais Saied per superare il sistema parlamentare in vigore dal 2014 e adottarne uno presidenziale. Jeune Afrique scrive che la campagna a favore del sì è molto invasiva e ricorre a metodi discutibili, come usare nei suoi messaggi i simboli dello stato, che sarebbero vietati. Il 19 luglio il capo del movimento islamista Ennahda, Rached Ghannouchi, è comparso in tribunale per rispondere di un’accusa di riciclaggio di denaro. I suoi sostenitori denunciano un “processo politico”.
Stop al processo Regeni
Il 15 luglio la corte di cassazione di Roma ha confermato la sospensione del processo nei confronti dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati di aver ucciso Giulio Regeni al Cairo nel 2016. La motivazione è che non è stato possibile notificare le accuse agli imputati, come prevede la legge italiana per mandare avanti un procedimento, perché l’Egitto si è rifiutato di fornire i loro indirizzi. “La decisione porta più di sei anni di indagini condotte dall’Italia a un esito vano”, commenta il sito indipendente egiziano Mada Masr, ricordando che Il Cairo “ha chiuso un’investigazione congiunta con le autorità italiane alla fine del 2020”. L’unico modo per portare avanti il processo è che sia modificata la legge italiana per consentire, in casi eccezionali, di continuare una causa anche senza che gli imputati siano ufficialmente informati delle accuse. ◆
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