Alla prossima conferenza internazionale sul clima (Cop27), in programma in Egitto all’inizio di novembre, i leader africani “dovranno agire per conto loro”, scrive il settimanale The Continent. “L’ombra della crisi energetica in Europa – e la nuova fame di combustibili fossili nel mondo ricco – incombe sulla Cop27. Le aspettative dei paesi africani erano alte perché è la prima conferenza di questo tipo organizzata nel continente, e si sperava che sarebbero state ascoltate le richieste di una regione dove la scarsa disponibilità di energia elettrica è un ostacolo allo sviluppo”. Tuttavia la situazione internazionale ha messo in evidenza la divergenza di vedute sulla forma e gli obiettivi della transizione energetica africana, in particolare per quanto riguarda gli investimenti nel gas. Il 2 ottobre a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, si è svolto un incontro preparatorio alla Cop27. I partecipanti hanno ricordato che non è stata ancora mantenuta la promessa fatta a Copenaghen nel 2009 di stanziare cento miliardi di dollari per aiutare i paesi poveri ad affrontare la crisi climatica. ◆
Richieste africane
La tregua è finita
L’inviato speciale dell’Onu Hans Grundberg ha annunciato il 2 ottobre che il governo e i ribelli sciiti huthi non hanno raggiunto un accordo per prorogare la tregua in vigore nello Yemen da sei mesi. Si teme una ripresa del conflitto, scoppiato nel 2015, tra le forze governative sostenute dall’Arabia Saudita e i ribelli appoggiati dall’Iran. Per il quotidiano yemenita Al Sahwa gli huthi hanno lanciato un assalto alle posizioni dell’esercito a sud di Marib e intensificato gli attacchi a nord e a ovest della città assediata di Taiz.
Parlamento all’opposizione
L’opposizione, che negli ultimi dieci anni aveva boicottato il voto, ha ottenuto la maggioranza alle elezioni parlamentari che si sono tenute in Kuwait il 29 settembre. I suoi candidati, per lo più appartenenti a formazioni islamiste, hanno conquistato ventotto seggi su cinquanta. In parlamento entreranno anche due donne. In Kuwait i partiti non sono vietati ma neanche riconosciuti, e molti gruppi, tra cui quelli islamisti, agiscono come formazioni politiche. Asharq al Awsat spiega che gli ultimi due anni sono stati segnati da conflitti tra il parlamento e i vari governi in carica.
Operazioni a tutto campo
Nelle ultime settimane l’esercito somalo, con l’aiuto delle truppe straniere e di milizie locali, ha ottenuto una serie di successi contro i jihadisti di Al Shabaab, liberando più di quaranta villaggi che erano sotto il loro controllo, scrive il sito Garowe Online. Il governo di Mogadiscio ha reso noto di aver ucciso il 1 ottobre uno dei fondatori del gruppo terroristico, Abdullahi Nadir, il più probabile successore dell’attuale leader Ahmed Umar. Il 3 ottobre i miliziani – legati ad Al Qaeda – hanno risposto organizzando una serie di attacchi a Beledweyne, nel centro del paese, in cui sono morte una ventina di persone e altre 36 sono rimaste ferite. Tra le vittime degli ultimi giorni, anche il cameraman della tv nazionale somala Ahmed Mohamed Shukur, 26 anni, morto in un’esplosione a Basra, vicino alla capitale, il 30 settembre, riferisce il Comitato di protezione dei giornalisti di New York (Cpj). La Somalia è uno dei paesi più pericolosi per i giornalisti: dal 1992 ne sono morti almeno 71.
Il giudizio della storia
Il 29 settembre all’Aja, nei Paesi Bassi, si è aperto un processo storico, scrive Jeune Afrique. Sul banco degli imputati c’è Félicien Kabuga ( nella foto ), 89 anni, un ex uomo d’affari ruandese considerato il principale finanziatore del genocidio del 1994, in cui morirono almeno 800mila tutsi e hutu moderati. Kabuga è stato arrestato a Parigi nel 2020, dopo essere riuscito a sfuggire alla giustizia per 26 anni. È accusato di aver fornito armi, in particolare machete, nonché sostegno finanziario e morale agli esecutori del genocidio. Kabuga è noto anche per aver contribuito a fondare la famigerata Radio télévision libre des milles collines (Rtlm), la cui propaganda incendiaria e l’incitamento all’odio etnico contribuirono a scatenare i massacri.
Libia Il 3 ottobre il governo con sede a Tripoli, guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbaibah, ha firmato una serie di accordi sugli idrocarburi con la Turchia, scatenando le critiche di Grecia ed Egitto. Il Cairo, in particolare, fa notare che il governo, il cui mandato è scaduto a dicembre del 2021, non ha l’autorità per stringere questo tipo di accordi.
Uganda L’epidemia di ebola dichiarata il 20 settembre ha causato al 4 ottobre nove morti (tra cui quattro operatori sanitari) e 43 contagi confermati, in un raggio di 120 chilometri.
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