“Il presidente uscente Jair Bolsonaro e il candidato di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva, del Partito dei lavoratori, il 16 ottobre si sono confrontati per la prima volta in un dibattito televisivo (nella foto) in vista del secondo turno delle elezioni presidenziali, che si terrà il prossimo 30 ottobre”, scrive il sito Infobae. Lula ha criticato Bolsonaro per il modo irresponsabile con cui ha gestito la pandemia di covid-19, che in Brasile ha provocato la morte di 680mila persone. Il leader di estrema destra ha accusato Lula di essere corrotto e amico di vari dittatori, riferendosi al presidente del Nicaragua Daniel Ortega. ◆
Alex Jones condannato
Il 12 ottobre Alex Jones ( nella foto ), un noto conduttore radiofonico di estrema destra, è stato condannato a pagare 965 milioni di dollari di risarcimento alle famiglie delle vittime della strage avvenuta dieci anni fa nella scuola elementare di Sandy Hook, in Connecticut. Il 14 dicembre 2012 Adam Lanza, vent’anni, aprì il fuoco nell’istituto, uccidendo 27 persone, tra cui venti bambini tra i sei e i sette anni. “Fin dall’inizio Jones disse che non c’era stata nessuna strage e che si trattava in realtà di una messinscena per convincere l’opinione pubblica della necessità di far passare leggi restrittive sul possesso di armi”, scrive la Cnn. La giuria lo ha condannato per diffamazione. Durante il processo Robbie Parker, un padre che ha perso la figlia a Sandy Hook, ha raccontato che dopo la strage lui e sua moglie hanno vissuto nel terrore a causa delle minacce ricevute dalle persone che ascoltavano i programmi radiofonici di Jones. Negli ultimi dieci anni il conduttore radiofonico ha alimentato alcune delle teorie del complotto che si sono diffuse negli Stati Uniti e in Europa, in particolare quelle contro gli ebrei e la comunità lgbt+. Grazie al sito InfoWars e ai suoi programmi radiofonici, ha guadagnato decine di milioni di dollari. Secondo le stime fatte durante il processo, la sua fortuna si aggira tra i 135 e i 270 milioni di dollari.
Stretta sui migranti
Stati Uniti
Il 12 ottobre il dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti ha annunciato di aver raggiunto un’intesa con il governo del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (centrosinistra). L’obiettivo è ridurre il numero di persone in arrivo al confine sudoccidentale e creare procedimenti più strutturati e sicuri per i cittadini venezuelani che fuggono dalla crisi economica e sociale attraversando il Messico. Come spiega Bbc mundo, in base all’intesa “i venezuelani che superano la frontiera con gli Stati Uniti a piedi o a nuoto saranno rimandati in Messico. Gli Stati Uniti s’impegnano ad accogliere 24mila richieste di emigrazione dal Venezuela, in modo simile a quanto avviene per i cittadini ucraini che scappano dall’invasione russa”. Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di sette milioni di venezuelani hanno lasciato il paese dal 2014. La maggior parte vive nei paesi dell’America Latina ma non ha accesso ai servizi di base.
Nuove accuse per Castillo
“ L’11 ottobre la procura del Perù ha presentato al parlamento una denuncia costituzionale contro il presidente Pedro Castillo (sinistra). L’accusa è di traffico d’influenze e di guidare un’organizzazione criminale”, scrive La República. Il leader peruviano, in carica da poco più di un anno, ma già con varie inchieste per corruzione e due procedimenti d’ impeachment alle spalle, si è dichiarato innocente e ha parlato di un “colpo di stato” dell’opposizione per mandarlo via. Il 4 ottobre il fervente cattolico di estrema destra Rafael López Aliaga è stato eletto sindaco di Lima solo con il 26 per cento dei voti. “Dalle prime dichiarazioni contro Castillo”, scrive Nueva Sociedad, “è evidente che Ariaga guiderà l’opposizione al governo”.
Messico Il parlamento il 12 ottobre ha votato a favore della riforma costituzionale che prolunga fino al 2028 la presenza delle forze armate nelle strade con compiti di pubblica sicurezza. Secondo varie organizzazioni umanitarie, la misura è un passo ulteriore verso la militarizzazione del paese.
Venezuela Il 14 ottobre i rappresentanti dell’opposizione venezuelana riuniti a Panamá hanno reso noto che a giugno del 2023 organizzeranno le primarie per scegliere un candidato comune alle elezioni presidenziali dell’anno successivo.
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