“Netanyahu è pronto a tornare”, titola il giornale israeliano Ynetnews commentando i risultati delle elezioni del 1 novembre. Gli israeliani sono andati alle urne per la quinta volta in meno di quattro anni. Il pomeriggio del 2 novembre, con quasi il 90 per cento dei voti scrutinati, l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, è in testa e potrebbe tornare al potere grazie agli alleati di estrema destra. Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, leader della lista Sionismo religioso, hanno raddoppiato il numero di seggi, arrivando terzi dietro la formazione centrista Yesh atid del premier uscente Yair Lapid. Insieme, il Likud di Netanyahu e la lista Sionismo religioso di Ben Gvir e Smotrich potrebbero ottenere 65 seggi, sui 120 della knesset, il parlamento israeliano, e quindi avere la maggioranza. Ynetnews nota che se i risultati saranno confermati, “Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich potrebbero spingere per una riforma della magistratura, che avrebbe conseguenze sul processo per corruzione” di Netanyahu. I due leader sono inoltre noti per la loro retorica antiaraba e per aver chiesto la deportazione di politici e cittadini considerati “sleali”. Ben Gvir era un seguace dell’ultranazionalista Meir Kahane, un uomo esplicitamente razzista che guidò un’organizzazione vietata in Israele e definita terroristica dagli Stati Uniti. Lo stesso Ben Gvir è stato condannato per incitamento al razzismo e per sostegno a un’organizzazione terroristica. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, “i risultati elettorali in Israele lasciano prevedere che il nuovo governo vorrà un dominio permanente sui palestinesi”. Le elezioni si sono svolte nel pieno di “un’ondata di violenza” in Cisgiordania, ricorda Wafa: da quando l’esercito israeliano ha lanciato la sua nuova operazione il 31 marzo scorso, sono stati uccisi 118 palestinesi, di cui 29 minorenni. ◆Nella foto: un seggio a Bnei Brak, il 1 novembre 2022.
Senza presidente
Il presidente libanese Michel Aoun ha lasciato il palazzo presidenziale il 30 ottobre ( nella foto ), alla vigilia della scadenza del suo mandato. Il parlamento non ha ancora scelto il successore e si teme un lungo vuoto di potere. Il premier dimissionario Najib Mikati da sei mesi non riesce a formare un governo a causa delle divergenze con il movimento di Aoun. Per L’Orient-Le Jour i sei anni di Aoun sono stati segnati da catastrofi che hanno trasformato il “presidente forte” in uno degli uomini più detestati del paese.
Condannati a Bangui
Nella Repubblica Centrafricana tre ex ribelli, Sallet Adoum, Ousman Yaouba e Tahir Mahamat, sono stati condannati a dure pene carcerarie, da vent’anni di prigione all’ergastolo, per crimini contro l’umanità, riferisce il sito Africa News. È la prima sentenza emessa da un tribunale speciale con sede a Bangui, formato da giudici locali e internazionali, incaricato di giudicare i crimini commessi durante la guerra civile scoppiata nel 2013. I tre ex combattenti appartenevano a un gruppo chiamato 3R che nel maggio 2019 attaccò un villaggio nel nordovest del paese, uccidendo 46 persone.
Alta tensione sul confine
L’avanzata dei ribelli del gruppo armato M23 nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) ha spinto il governo congolese a ordinare, il 29 ottobre, l’espulsione dell’ambasciatore ruandese Vincent Karega. L’Rdc accusa il Ruanda di sostenere i miliziani dell’M23, che nell’ultima settimana hanno ripreso le ostilità nella provincia del Nord Kivu, avanzando nel territorio di Rutshuru. Il 31 ottobre a Goma migliaia di persone hanno manifestato contro il Ruanda, riferisce Radio France International. Kigali nega ogni coinvolgimento con l’M23, ma un rapporto pubblicato ad agosto, compilato da esperti indipendenti per conto delle Nazioni Unite, parla del sostegno diretto fornito alla milizia dai soldati ruandesi.
Etiopia Il 2 novembre i rappresentanti del governo etiope e dei ribelli del Tigrai “hanno accettato formalmente di cessare le ostilità”, ha dichiarato il mediatore dell’Unione africana Olusegun Obasanjo.
Iraq Il 27 ottobre il parlamento ha votato la fiducia al governo guidato da Mohamed Shia al Sudani, mettendo fine a uno stallo che durava da un anno.
Sudafrica Nonostante l’allarme terrorismo, il 29 ottobre si è svolta a Johannesburg la sfilata del Pride, che celebra l’orgoglio lgbt. È stata la prima edizione dopo la pandemia.
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