“Nel lungo periodo la crescita economica dipende dall’innovazione, che a sua volta deriva dagli investimenti in ricerca e sviluppo”, scrive il Wall Street Journal. È sulla base di questa premessa che ad agosto il governo degli Stati Uniti ha stanziato duecento miliardi di dollari nel settore. Il problema, sottolinea il quotidiano, è che oggi questi investimenti non sembrano dare grandi risultati, anche se corrispondono al 3 per cento del pil statunitense e sono superiori a quelli fatti negli anni sessanta. “Negli ultimi dieci anni la produttività totale dei fattori (rapporto tra il valore aggiunto e quello dei fattori alla base di un prodotto), il miglior indicatore del contributo dell’innovazione alla crescita, è aumentata dello 0,5 per cento all’anno, la metà rispetto agli anni sessanta. Altri dati suggeriscono che le scoperte rilevanti, per esempio i nuovi farmaci, stanno diventando più costose e richiedono più tempo. In altre parole, gli Stati Uniti stanno allentando il loro dominio nel campo scientifico”. Alcuni dicono che in fondo sono state fatte già tante scoperte e quindi oggi non è facile farne di nuove. In realtà, osserva il Wall Street Journal, il vero problema è il modo in cui si fa ricerca. “Le aziende più innovative non sono per forza quelle che spendono di più. La Tesla, per esempio, negli ultimi tre anni ha investito in ricerca e sviluppo appena il 13 per cento di quello che spendono la General Motors e la Ford messe insieme. Eppure oggi il suo valore di borsa è cinque volte quello delle due concorrenti”. ◆
I frutti della ricerca
Aumenti di salario
Il 18 novembre la Ig Metall, la federazione sindacale tedesca che rappresenta i lavoratori del settore metalmeccanico, ha siglato con i rappresentanti delle aziende un accordo che prevede un aumento dei salari, scrive Le Monde. L’intesa, che sarà valida inizialmente solo nel Land del Baden-Württemberg (ma sarà presto estesa al resto della Germania), prevede un aumento salariale del 5,2 per cento a giugno del 2023, seguito da un ritocco del 3,3 per cento a maggio del 2024: nel complesso si tratta di un aumento dell’8,5 per cento in due anni per 3,9 milioni di lavoratori. I sindacati chiedevano un aumento dell’8 per cento da rinegoziare dopo un anno. A questo si aggiunge un premio di tremila euro a dipendente, che sarà versato in due rate. La Ig Metall si è dichiarata soddisfatta dell’accordo, conclude il quotidiano francese, anche se l’aumento non è sufficiente a compensare l’inflazione, che in Germania attualmente è superiore al 10 per cento e che dovrebbe continuare a restare alta anche nel 2023. ◆
Aiuti di stato per l’energia
Il 19 novembre il ministro delle finanze Bruno Le Maire ha annunciato che la Francia spenderà 8,4 miliardi di euro per ridurre il costo dell’energia alle aziende e sostenere la concorrenza con le rivali tedesche (beneficiarie di un piano d’aiuti pubblici da duecento miliardi di euro), scrive la Reuters. Il provvedimento include uno sconto sulla tassa sull’elettricità, entro i limiti consentiti dall’Unione europea, e l’offerta a prezzi scontati di elettricità prodotta con l’energia nucleare. Alle piccole imprese, inoltre, sarà applicato il tetto al prezzo dell’energia introdotto per le famiglie, per il quale il governo di Parigi ha già stanziato 45 miliardi di euro.
Accordo per il gas del Qatar
Il gruppo petrolifero cinese Sinopec ha siglato un accordo con la QatarEnergy, l’azienda energetica di stato del Qatar, per la fornitura di quattro milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (gnl) all’anno nei prossimi 27 anni, scrive il Financial Times. Il contratto segue quello siglato nel 2021 dalla QatarEnergy con il Guangdong Energy Group.
Via i soldi dalla Cina
Pfa, il principale fondo pensione danese, ha deciso di cedere le sue quote nel capitale di due aziende d’abbigliamento cinesi, l’Anta Sports e la Li Ning, e sta pensando di liberarsi di tutti gli investimenti in Cina a causa del crescente rischio geopolitico legato al paese asiatico, scrive Bloomberg Businessweek. Dietro la decisione c’è il sospetto che le due aziende sfruttino il lavoro forzato a cui sono sottoposti gli uiguri, una minoranza islamica della provincia dello Xinjang perseguitata da Pechino. La Cina è accusata di detenere nei campi di rieducazione più di un milione di uiguri e di persone di altre minoranze. Per lo stesso motivo nel 2021 la Li Ning era stata esclusa dal portafoglio del fondo sovrano della Norvegia .
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati