Il 13 dicembre i ricercatori del Lawrence Livermore national laboratory, legato al dipartimento dell’energia statunitense, hanno annunciato di aver ottenuto per la prima volta nella storia una reazione di fusione nucleare che genera più energia di quella necessaria per innescarla. In una reazione di fusione nucleare atomi leggeri ne formano di più pesanti, rilasciando energia. In questo caso la reazione è stata innescata da un gruppo di 192 laser. I ricercatori affermano che l’energia ottenuta (3,15 megajoule) è stata superiore a quella fornita dai laser (2,05 megajoule). In futuro la tecnologia potrebbe rivoluzionare la produzione di energia sulla Terra, mettendo fine alla dipendenza dalle fonti fossili, scrive l’Associated Press. Si tratta infatti di una fonte d’energia pulita, che non emette gas serra e produce poche scorie. Ma la strada è ancora lunga.
L’energia della fusione
Perché fumiamo e beviamo
Alcuni ricercatori hanno individuato centinaia di varianti genetiche che influenzano il consumo di tabacco e alcol. Questi comportamenti hanno anche una componente genetica, e quindi ereditaria, e sono associati rispettivamente al 15 e al 5,3 per cento dei decessi a livello globale (legati principalmente all’aumento della probabilità di contrarre malattie e incorrere in incidenti). Lo studio è basato sui dati di quasi 3,4 milioni di persone, la maggior parte delle quali di origine europea, con un 21 per cento di origine africana, americana e asiatica. La varietà del campione, superiore a quella di altri studi, ha permesso di ottenere risultati più precisi. I dati genetici sono stati collegati ad alcuni fattori, tra cui l’età alla quale si comincia a fumare, la quantità di alcol consumata ogni settimana e la capacità di abbandonare le sigarette. Questi fattori dipendono ovviamente da molti altri – culturali, sociali e ambientali – ma hanno anche una componente genetica. Le varianti genetiche individuate dai ricercatori sono legate allo sviluppo del sistema nervoso e al suo funzionamento. Uno studio allargato ad altre regioni potrebbe dare risultati diversi. ◆
Groenlandia mai vista
Nel pleistocene, circa due milioni di anni fa, la Groenlandia era calda e verde, ricoperta di foreste di pioppi e abeti rossi. Ospitava mastodonti, renne giganti, orsi, roditori, oche e conigli. I ricercatori dell’università di Copenaghen, in Danimarca, hanno ricostruito questo ecosistema analizzando il dna antico conservato nel permafrost. Si tratta del dna più antico mai estratto, scrive Nature. Sono stati sequenziati circa 16 miliardi di frammenti di dna, molti dei quali appartenenti a organismi moderni. I campioni sono stati estratti nella punta settentrionale dell’isola, che oggi è un’area ricoperta da ghiacciai e con scarsa vegetazione.
L’influenza e le altre epidemie
Sia l’influenza stagionale sia il virus respiratorio sinciziale (rsv), la principale causa di polmoniti e bronchioliti nei bambini, hanno registrato un picco anticipato. In Italia l’influenza ha già colpito quattro milioni di persone e altrettante potrebbero ammalarsi nelle prossime settimane. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie segnala un aumento dei ricoveri pediatrici per rsv in Francia, Irlanda, Spagna, Svezia e Stati Uniti. Con il covid-19 si può parlare di tripla epidemia, scrive il Guardian.
Contagi fantasma
Secondo un’analisi pubblicata su , la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, a novembre i casi di covid-19 in Italia sono stati molti di più di quelli ufficiali. Si stima che a causa della diffusione dei tamponi casalinghi 839mila persone con meno di cinquant’anni non abbiano comunicato la loro positività. Con loro il totale dei casi passa da 354mila a 1,193 milioni. Per monitorare l’andamento della pandemia bisognerebbe quindi fare indagini a campione.
Botanica Secondo uno studio pubblicato su Science, l’agricoltura intensiva ha contribuito alla diffusione della pianta infestante Amaranthus tuberculatus (nella foto), originaria del Nordamerica. Lo sviluppo delle moderne tecnologie agricole, soprattutto a partire dagli anni sessanta, avrebbe infatti modificato il profilo genetico della pianta, permettendole di adattarsi meglio all’irrigazione artificiale e all’uso di diserbanti e fertilizzanti.
Salute Brevi periodi di attività fisica intensa potrebbero ridurre il rischio di morte. Alcuni ricercatori, scrive Nature Medicine, hanno monitorato l’attività fisica di 25mila persone che non praticavano sport. È emerso che chi si esercitava anche solo per cinque minuti al giorno aveva un rischio minore di morte, soprattutto per malattie cardiovascolari e cancro.
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