Per l’ennesima volta l’Assemblea mondiale della sanità, l’organo di governo dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha rifiutato la richiesta di Taiwan di partecipare come osservatrice alla riunione annuale in programma a Ginevra dal 21 al 30 maggio. Sulla decisione hanno pesato il no della Cina e del Pakistan, scrive il Guardian. Da anni Pechino mette il veto alla partecipazione di Taipei. Il governo dell’isola, con cui solo tredici paesi hanno rapporti diplomatici ufficiali, sottolinea che la sua presenza come osservatore riguarda la salute globale e non dovrebbe essere influenzata dalla politica.
Un nuovo veto per Taiwan
Il ritorno di Gusmão
Il partito dell’eroe dell’indipendenza di Timor Leste Xanana Gusmão (nella foto) ha vinto le elezioni del 21 maggio con il 42 per cento dei voti. Gusmão, che è stato il primo presidente di Timor Leste dopo l’indipendenza dall’Indonesia nel 2002 e il primo ministro dal 2007 al 2015, potrà tornare al governo se riuscirà a formare una coalizione, scrive l’Abc.
Fallimento istituzionale
I dipendenti dell’Abc, l’emittente radiotelevisiva pubblica australiana, sono scesi in piazza a sostegno di Stan Grant, uno dei giornalisti più noti del paese. Durante la diretta dell’incoronazione di Carlo III, il conduttore del talk show Q+A aveva ricordato la brutalità del colonialismo verso i nativi, suoi avi, e per questo era stato attaccato violentemente sui social network. In seguito, in un articolo uscito sul sito dell’Abc, Grant ha annunciato l’addio alla conduzione del programma, accusando l’azienda di “fallimento istituzionale”. Nessuno dei vertici dell’emittente gli ha mostrato solidarietà pubblicamente, scrive il Saturday Paper.
Le tensioni continuano
Il 22 maggio a Port Moresby il segretario di stato statunitense Antony Blinken e il ministro della difesa della Papua Nuova Guinea Win Daki hanno firmato un patto che ha suscitato molti timori nell’arcipelago del Pacifico. Cercando di placare le manifestazioni degli studenti, scesi in piazza contro il rischio che il paese sia trascinato nel confronto tra Cina e Stati Uniti, il primo ministro papuano James Marape ha precisato che la Papua Nuova Guinea non sarà usata come base per lanciare una guerra e che l’accordo non prevede operazioni di offensiva militare. La paura che il governo stia svendendo la sovranità nazionale è cresciuta dopo la circolazione di una bozza dell’accordo, il cui contenuto non è ancora stato ufficialmente diffuso, scrive il Post-Courrier. Gli Stati Uniti e i loro alleati, scrive Nikkei Asia, stanno cercando di evitare che altre isole del Pacifico stringano legami sulla sicurezza con Pechino, dopo il caso delle isole Salomone nel 2022.◆
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