L’imprenditore statunitense Elon Musk ha annunciato che la sua azienda Neuralink ha impiantato con successo un chip nel cervello di un essere umano. Dopo l’operazione è stata rilevata un’attività cerebrale “promettente” e il paziente si sta “riprendendo bene”. Le affermazioni di Musk non sono state verificate e Neuralink non ha fornito alcuna informazione sul procedimento, riferisce la Bbc. Dopo una lunga fase di sperimentazione sugli animali, nel 2023 la Neuralink è stata autorizzata dal governo statunitense a testare il chip cerebrale sugli esseri umani. Lo studio, che durerà sei anni, prevede l’impianto di 64 elettrodi flessibili, più sottili di un capello, in una parte del cervello che controlla il movimento. Il dispositivo potrà registrare i segnali cerebrali e trasmetterli a un’app che decodifica come il soggetto vuole muoversi. Secondo l’azienda i primi destinatari saranno persone che hanno perso l’uso degli arti. Ma gli scienziati avvertono che ci vorranno molti anni di test prima di poter rendere disponibile questa tecnologia.
Muoversi con il pensiero
Rivoluzione oncologica
In un commento su Nature cinque ricercatori chiedono di cambiare l’approccio nella lotta ai tumori. Invece di classificare i tipi di cancro metastatico in base all’organo di origine, si dovrebbe usare come criterio il meccanismo biologico che li determina. Secondo i ricercatori, per esempio, invece che genericamente di cancro al seno, in alcuni casi si dovrebbe parlare di cancro dovuto a mutazioni dei geni brca1 e brca2. Questo potrebbe migliorare le cure, rendendo disponibili più rapidamente per i pazienti i farmaci già presenti sul mercato. Attualmente l’oncologia è basata sulla localizzazione del tumore nel corpo. I reparti di oncologia si specializzano basandosi su questa suddivisione, così come i medici oncologi. Anche i farmaci sono approvati in base a questo criterio. Ma il sistema è stato superato dagli ultimi sviluppi dell’oncologia, che hanno permesso di classificare i tumori basandosi sui geni, sulle proteine e sui meccanismi molecolari delle cellule. È quindi possibile usare lo stesso farmaco per tumori diversi, ma con lo stesso profilo molecolare. ◆
I primi nordeuropei
Gruppi di Homo sapiens vivevano nell’Europa settentrionale già 45mila anni fa. Nelle grotte di Ranis, in Germania, sono state rinvenute ossa umane e animali e utensili in pietra. Secondo gli studi pubblicati su Nature, in quel periodo il clima era molto freddo e l’ambiente era caratterizzato da steppe simili a quelle dell’attuale Siberia. Nello stesso periodo nell’Europa meridionale vivevano altri ominidi, i neandertal, che poi si sono estinti.
Un bianco sorprendente
Al largo di Santa Barbara, in California, è stato fotografato per la prima volta in natura un neonato di squalo bianco (Carcharodon carcharias, nella foto). L’animale, probabilmente nato da poche ore, era lungo circa un metro e mezzo e completamente bianco. Questa caratteristica ha sorpreso i ricercatori, dato che di solito gli squali sono bianchi sul ventre e grigi sul dorso. Finora nessuno era mai riuscito a individuare la zona dove le femmine di squalo bianco vanno a partorire, scrive Environmental Biology of Fishes.
Intrappolati dalla luce
Una nuova ipotesi potrebbe spiegare perché le falene e gli altri insetti notturni girano intorno alle lampadine. Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications, gli animali non restano in prossimità delle luci artificiali perché ne sono attratti, ma perché sono confusi e non riescono ad allontanarsi. In natura gli insetti volano sempre con il dorso rivolto verso il Sole o la Luna, la cui luce li aiuta a orientarsi. Anche in presenza di una luce artificiale si comportano così, e si ritrovano quindi a volare in circolo.
Astronomia Il telescopio spaziale James Webb ha fotografato 19 galassie a spirale (nella foto la galassia Ic 5332). Rispetto alle precedenti queste immagini sono molto più nitide e dettagliate. Studiarle potrebbe aiutare a comprendere meglio l’origine delle stelle e l’evoluzione delle galassie a spirale.
Genetica Secondo uno studio pubblicato su iScience il dna presente sulle ragnatele potrebbe aiutare a capire quali animali vivono nelle vicinanze. Il materiale genetico può essere trasportato dall’aria o da altri animali prima di depositarsi sulle ragnatele. L’analisi del dna raccolto in due siti australiani ha permesso di identificare decine di specie di vertebrati.
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