Quattro elefanti imboccano i Fori imperiali in un mare di bandiere rosse, con il Colosseo sullo sfondo. L’aria è secca e polverosa. Qualche passante eccitato scatta fotografie. Non che i romani si stupiscano più di tanto a vedere animali che scorrazzano per la città: tra gabbiani, ratti, nutrie e branchi di cinghiali, sono più che abituati. Ma gli elefanti ai Fori imperiali sono un’altra cosa.
Nanni Moretti sta girando il suo nuovo film. Il sol dell’avvenire è ambientato negli anni cinquanta, ci sono il circo, la politica e Silvio Orlando a cavallo di un elefante. Servono quattro ciak per finire la scena. Orlando è uno degli attori preferiti di Moretti, ha recitato anche nel Caimano, il film su Berlusconi: una certa dose di circo c’è sempre. Orlando scende dall’elefante con l’aiuto di due domatori indiani. Uno spettacolo non proprio elegantissimo, anche se lui mostra il pollice alzato: tutto ok. Le comparse, con costumi e pettinature dell’epoca, nelle pause se ne stanno nei vicoli lì intorno, all’ombra, a fissare il telefono.
I conti senza i romani
Tanto per cambiare il centro storico di Roma è usato come set cinematografico. Chi pensa che sia fantastico, perché la città merita di essere immortalata, fa i conti senza l’oste. Infatti per i romani, il successo cinematografico che riscuote la città è prima di tutto una piaga.
Per consentire le riprese a produzioni italiane e ancor più spesso a grandi produzioni statunitensi interi quartieri del centro storico sono sequestrati per settimane: si chiudono le strade, si tolgono i segnali stradali, si deviano gli autobus. I pochi parcheggi disponibili sono confiscati. L’amministrazione si limita unicamente ad affiggere, pochi giorni prima dell’inizio delle riprese, dei divieti di sosta stampati su fogli formato A4 che facilmente passano inosservati, e chi non li nota sarà costretto ad andare a recuperare l’automobile rimossa in qualche deposito giudiziario, a volte anche fuori città. Il parcheggio a Roma è un problema eterno: ce ne sono talmente pochi che quando ne trovi uno capita di lasciarci l’auto per settimane.
“Roma è in ostaggio”, scrive La Repubblica. Sembra un’affermazione drammatica, ma in comune da quell’orecchio non vogliono sentire. Nel 2021, anno di pandemia, l’ufficio responsabile ha rilasciato 1.863 permessi per effettuare riprese: una media di cinque al giorno.
Anche Tom Cruise è stato in città, per girare Mission impossible 7. Una delle location del film era piazza Campitelli, nel ghetto ebraico: l’area in cui ci sono la chiesa di Santa Maria in portico in Campitelli, un ristorante e anche degli uffici del comune è stata completamente isolata. Sono stati sgomberati anche i vicoli intorno alla piazza e – miracolo! – è sparita perfino la spazzatura. Cruise si è mostrato molto affabile, disponibile a scattare selfie con i fan accanto alla futuristica automobile che guida nel film. Ma a chi voleva solo andare a lavorare è toccato fare un giro larghissimo per evitare il set.
“Si gira!”, esclamano i vigili che deviano il traffico, proprio come se le riprese fossero una fatalità al pari degli incidenti stradali. A volte mimano le riprese con le mani: una chiusa a pugno davanti all’occhio, l’altra a fianco che gira, neanche fossero assistenti di produzione. E un po’ in effetti lo sono: un’ordinanza comunale prevede che Hollywood possa impiegare privatamente i vigili, con la produzione che paga gli straordinari, probabilmente anche più del comune. E di conseguenza i vigili spesso chiudono un occhio invece di tenerli entrambi bene aperti, per esempio quando a trasportare i materiali di scena si presentano dieci camion al posto dei tre previsti.
La capitale d’Italia – quella vera o quella ricostruita negli studi di Cinecittà – è sempre stata un set apprezzatissimo e alcuni film ne hanno segnato l’immagine per decenni. Per esempio Vacanze romane di William Wyler, del 1953: Audrey Hepburn e Gregory Peck in sella a una Vespa hanno fatto conoscere al mondo la leggerezza romana degli anni del boom economico. E poi La dolce vita di Federico Fellini ovviamente, con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni che si baciano nella fontana di Trevi. Con questi film il mondo si è innamorato di Roma. Solo che la città si è trasformata.
Città aperta
Walter Veltroni, probabilmente uno dei sindaci di Roma più capaci dell’ultimo secolo, in carica dal 2001 al 2008, ha sempre avuto un occhio di riguardo per la cultura e nel 2004 ha fatto in modo che la città spalancasse le porte al cinema. Lui la metteva così: più film si giravano in città, più forte il marchio Roma avrebbe brillato in tutto il mondo. Per attirare turisti non sarebbe più servita nessuna costosissima campagna pubblicitaria. Tuttavia, ci si può chiedere se Roma abbia davvero bisogno di tutta questa pubblicità, visto che sembra cavarsela benissimo da sola. Passata la fase acuta della pandemia, masse di turisti sono tornate ad affollare il centro storico.
Ma all’epoca per il comune non era ancora abbastanza e ha stabilito che se una produzione concentra a Roma più dell’80 per cento delle riprese non dovrà pagare la tassa per l’uso del suolo pubblico: lo avrà a titolo gratuito. E chi fa almeno il 50 per cento delle riprese in città pagherà solo la metà.
Nel 2021, l’anno delle 1.863 autorizzazioni, il comune di Roma ha incassato 650mila euro per l’uso del suolo pubblico, a cui vanno aggiunti i 575mila euro della Sovrintendenza ai beni culturali, che si fa pagare le riprese nei luoghi di pregio come il Colosseo, la scalinata di piazza di Spagna o piazza Navona. Poco più di un milione di euro compensano i disagi quotidiani?
A volte le troupe, quando se ne vanno, non si portano neanche via i rifiuti e il nastro segnaletico che delimita il set resta lì per settimane a svolazzare al vento. I comitati cittadini si oppongono a questa continua prevaricazione nella loro vita. Yuri Trombetti, consigliere comunale del Partito democratico, ritiene che sia arrivato il tempo che Hollywood cominci a pagare come si deve. “Non capisco perché”, ha dichiarato di recente, “il comune autorizzi qualsiasi cosa, sempre e contro ogni ragionevolezza”. Chiede che sia rivista la legge del 2004.
Per ci sono state tre settimane di riprese ovunque: ai Castelli romani, a piazza di Spagna, in via del Corso, a castel Sant’Angelo. Nel cuore di Trastevere sono state chiuse quasi tutte le strade e i vigili controllavano la zona giorno e notte per impedire alle persone di parcheggiare. Poi è arrivato Jason Momoa, una star degli inseguimenti, che non ha fatto altro che percorrere avanti e indietro in moto via di San Cosimato, sequestrata ai cittadini. ◆ sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati