Le organizzatrici della manifestazione nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne l’hanno definita “una marea”, e hanno detto che a Roma c’erano almeno cinquecentomila persone. Il numero effettivo potrebbe essere inferiore, ma il corteo che sabato 25 novembre ha sfilato per le strade della capitale aveva una densità impressionante. Ci sono stati cortei anche a Milano, Torino, Perugia e Messina.
Decine di migliaia di persone hanno risposto all’appello del movimento Non una di meno. Per la maggior parte erano donne, di età diverse, che hanno sfilato per le strade della capitale al grido di “Ora basta!”. Lo scopo era innanzitutto denunciare l’ennesimo femminicidio, quello di Giulia Cecchettin, 22 anni. Durante la manifestazione c’è stato un lungo momento di silenzio, per Giulia Cecchettin, rotto poi da un urlo. “Sono nata nel 1996 e da allora solo in Italia quasi tremila sorelle non possono essere qui perché sono state uccise dal patriarcato. Oggi manifesto anche per loro”, ha scritto su un cartello Federica, che come le altre persone intervistate ha voluto dire solo il suo nome. Ha le guance dipinte di viola, il colore dei movimenti femministi. “Serve una riflessione sulla società e sulle sue strutture sessiste. Non si tratta solo di educare i ragazzi al rispetto, ma anche di avere l’umiltà di educare ciascuno di noi. Comprese le istituzioni, a prescindere da chi c’è al governo”, dice.
Cambiare la narrazione
“Fermiamo questa mattanza”, ha detto durante la manifestazione Elly Schlein, segretaria del Partito democratico. In molti hanno criticato l’assenza al corteo di Giorgia Meloni, la prima donna a guidare un governo in Italia. Qualche giorno prima Schlein aveva proposto a Meloni di votare insieme un emendamento alla legge di bilancio del 2024 per finanziare programmi pubblici di formazione per le forze dell’ordine o per la magistratura, così da rendere più concreta la protezione delle donne. “Bisogna far sì che una ragazza che denuncia una violenza venga presa sul serio”, ha detto Schlein. Tra la folla c’è anche Romina, venuta alla manifestazione con la figlia Gaia, di sedici anni “I nostri uomini politici devono dare l’esempio: è tutta la cultura a dover cambiare, anche sulle battute che si fanno sulle donne. Siamo nel 2023, ma l’Italia è ancora molto indietro”, spiega.
Il paese nel 2012 ha firmato la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, ma fatica a rendere concrete le buone intenzioni. “Solo il 30 per cento delle ventimila donne che incontriamo ogni anno decide di sporgere denuncia. Le altre invece temono di essere vittimizzate una seconda volta. Vuol dire che la giustizia non funziona”, spiega Antonella Veltri, presidente di Donne in rete contro la violenza, che offre strutture di accoglienza e di ascolto per donne in diciannove regioni italiane.
Il 22 novembre il senato ha approvato il disegno di legge del governo contro le violenze di genere, che rafforza le misure di allontanamento di partner violenti e amplia il ricorso al braccialetto elettronico. In molti però pensano che ci si sia concentrati troppo sulla sicurezza e meno sulla prevenzione. Alcuni chiedono un cambiamento nel modo in cui i reati di genere vengono raccontati sui mezzi d’informazione. “Non possiamo più definire ‘fidanzato o ragazzo’ la persona che ha ucciso Giulia (Cecchettin), perché è prima di tutto il suo assassino”, ribadisce la giornalista Maria Latella, conduttrice di Radio 24. “Non bisogna ridimensionare i fatti con un linguaggio inappropriato”.
Il 26 ottobre è stato lanciato l’Osservatorio indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne. Sostenuto tra gli altri dall’ordine nazionale dei giornalisti italiani e dal dipartimento di psicologia dell’università Sapienza, a Roma, vuole cambiare gli stereotipi usati dai mezzi d’informazione, dove le donne violentate o assassinate sono troppo spesso descritte come vittime “di storie d’amore” finite male. Dal gennaio 2024 sono previsti dei percorsi di formazione su questo argomento. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati